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I fatti a Michellorie nel 2017

Scivola nella piscina gonfiabile e rimane paralizzato, chiesto un maxirisarcimento

La piscina teatro dell'incidente
La piscina teatro dell'incidente
La piscina teatro dell'incidente
La piscina teatro dell'incidente

Quattro anni fa, partecipando a una competizione sportiva che era stata organizzata in una frazione di Albaredo, Michellorie, aveva subito un infortunio a causa del quale è rimasto paralizzato. In seguito a quell’incidente - che è avvenuto prima dell’avvio di una partita di splash volley, una pallavolo giocata in una piscina con poche decine di centimetri d’acqua, a cui avrebbe dovuto prendere parte - è rimasto paralizzato.
Ora quel ragazzo (che adesso ha 23 anni) e i suoi familiari, che da allora lo devono assistere, hanno deciso di avviare una causa chiedendo più di 4 milioni e mezzo di danni a una lunga sequela di persone, fisiche e giuridiche, che secondo loro avrebbero delle responsabilità: agli organizzatori della manifestazione, l’associazione Mille Glorie e il suo presidente Massimo Murari, alla parrocchia, nella persona del parroco don Floriano Panato, che è la proprietaria dell’area in cui si svolgeva l’evento, alla ditta proprietaria della struttura dentro la quale si svolgevano le partite, la Verona Gonfiabili di San Martino Buon Albergo, e al suo titolare, Alberto Buongiorno, che abita a Ferrara di Monte Baldo, e al Comune, nella persona del sindaco Giovanni Ruta.
La domanda di risarcimento plurimilionaria è stata notificata in questi giorni a coloro che, secondo l’infortunato Simone Carraro, che è residente a Montebello Vicentino, i suoi genitori Cesare e Margherita e sua sorella Lisa, sono da considerare responsabili dell’accaduto.
La vicenda, invece, risale al 13 luglio del 2017. Essa si è svolta nel corso di un torneo che mai era stato contrassegnato da infortuni o problemi di altro tipo negli anni precedenti. Poco dopo le 22 la squadra berica Nicolò&Amici, di cui Simone faceva parte, era entrata nella piscina di 25 metri per 10, con all’interno circa 30 centimetri d’acqua, che era stata montata nel piazzale vicino al centro parrocchiale di Michellorie. Secondo alcune testimonianze raccolte allora, il giovane, che pochi giorni dopo avrebbe compiuto 19 anni, sarebbe salito sul bordo della piscina, che era alto almeno un metro ed era costituito da un tubo gonfiato, per poi finirne all’improvviso sul fondo. Allora nessuno aveva saputo, o voluto, dire che cos’era accaduto. Secondo i legali di Carraro, il giocatore era scivolato e rovinato a terra. Fatto sta che il giovane aveva da subito mostrato di aver accusato un forte colpo e, dopo essere stato portato fuori dall’acqua in stato di quasi incoscienza, era stato portato in codice rosso al pronto soccorso dell’ospedale cittadino di Borgo Trento, dove gli era stato riscontrato un gravissimo trauma vertebro-midollare.

In pratica, gli era scoppiata una vertebra e questo ha provocato una immediata tetraparesi. Una situazione poi complicata anche da una insufficienza respiratoria, per la quale Simone ha subito una tracheotomia e, poi, ha dovuto essere ventilato meccanicamente per quasi un mese. Tutto questo, secondo la famiglia Carraro, è avvenuto in seguito a comportamenti contrassegnati da precise responsabilità. Secondo la ricostruzione fatta dai legali che la rappresentano, gli avvocati vicentini Giovanni Stefano Messuri e Lucio Zarantonello, l’associazione avrebbe una responsabilità contrattuale, dovuta al fatto che i partecipanti al torneo avevano versato una quota di iscrizione, e quella del suo presidente deriverebbe dai suoi obblighi di protezione e vigilanza e dall’assenza di presidi di sicurezza. La ditta dei gonfiabili e il suo amministratore, invece, non avrebbero adempiuto alle prescrizioni imposte dal Comune.
Comune che a sua volta, al pari della parrocchia, non avrebbe vigilato adeguatamente sull’idoneità dell’impianto e sulla correttezza del suo uso. Sulla scorta di tutto questo, i legali della famiglia hanno chiesto danni a favore di Simone per un totale di quasi 3.810.000 euro, comprensivi di rimborsi di spese e risarcimenti, a favore dei suoi due genitori per 320.000 euro a testa e della sorella di quasi 140.000 euro, per l’assistenza che devono garantire al ragazzo e la contestuale impossibilità di lavorare. 

Luca Fiorin

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