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Esplode la polemica

Sciopero a scuola, genitori avvertiti via Whatsapp: «Venite a riprendere subito i vostri bambini»

La scuola primaria di Cherubine finita al centro delle proteste (Diennefoto)
La scuola primaria di Cherubine finita al centro delle proteste (Diennefoto)
La scuola primaria di Cherubine finita al centro delle proteste (Diennefoto)
La scuola primaria di Cherubine finita al centro delle proteste (Diennefoto)

Ventitrè famiglie vanno su tutte le furie alla scuola elementare di Cherubine di Cerea (Verona) per le modalità di gestione di uno sciopero degli insegnanti. Si tratta di mamme e papà dei bambini frequentanti una classe seconda, che venerdì scorso, di punto in bianco, si sono visti arrivare un messaggio sul gruppo WhatsApp della classe da parte del loro rappresentante: «Alle 10.40 dobbiamo recuperare i bambini perché c’è sciopero, mi scuso per il poco preavviso», recita la comunicazione arrivata circa mezz’ora prima.

In fretta e furia, chi ha letto l’avviso, non senza problemi nel caso di genitori entrambi lavoratori, si è organizzato riuscendo così a «recuperare» il figlio. In due casi, il messaggio inatteso è stato letto più tardi e così i bambini sono rimasti a scuola fino all’ora di pranzo senza che per loro fossero stati ordinati i pasti in mensa.

A far montare la protesta è stata la gestione della situazione da parte dell’Istituto comprensivo «Fratelli Sommariva». La dirigente, di fronte alle richieste di chiarimento da parte delle famiglie, che l’hanno interpellata al pari del nostro giornale, al momento non ha fornito alcuna delucidazione al riguardo. «Abbiamo provato a parlare con la preside ma si è negata. Ci è stato risposto che anche per parlarle al telefono dobbiamo prendere appuntamento», riferiscono le mamme arrabbiate. Sono molti i punti critici che evidenziano le famiglie. Per prima cosa la scuola avrebbe dovuto chiamare direttamente i genitori.

«Non tutti possono utilizzare il telefono personale durante l’orario di lavoro, per questo motivo alcuni hanno fornito alla segreteria il numero di telefono del posto di lavoro, ma non sono stati chiamati», lamentano le famiglie. Anzi, la cosa peggiore è che la responsabilità di informare mamme e papà sia stata delegata al rappresentante di classe. Quest’ultimo è stato chiamato da un bidello e a sua volta ha esteso la comunicazione sul gruppo WhatsApp. Una scelta a dir poco irrituale dato che non c’è alcun obbligo per le famiglie di far parte di questo genere di gruppi, che spesso vengono tra l’altro criticati dalle scuole perché luogo di pettegolezzo e malintesi.

«Il collaboratore scolastico non aveva il numero di telefono del rappresentante», assicurano le famiglie, «qualcuno deve averglielo dato, e vorremmo tanto sapere da chi è partita la volontà di agire in questo modo». Nei giorni di sciopero, normalmente le famiglie sono invitate ad accompagnare di persona il proprio bambino. Nel caso risulti assente l’insegnante della prima ora lo riporta a casa, mentre se l’assenza per sciopero, un diritto legittimo del lavoratore, avviene più tardi, i bambini restano a scuola fino al termine delle lezioni che, nel caso della classe seconda, era fissato alle 15.45.

«Sapevamo che la maestra delle 10.40 non ci sarebbe stata», spiegano mamme e papà, «ma nessuno dalla scuola ci aveva comunicato l’intenzione di rispedirci i figli a casa anziché garantire il regolare svolgimento dell’orario scolastico». Qualche genitore si è rivolto ad un legale per andare in fondo alla questione. Il vicesindaco Lara Fadini, delegata all’Istruzione, si è subito attivata sul caso. «I diritti sindacali pur legittimi», afferma Fardini, «non devono ledere sul servizio né tanto meno sui bisogni di bambini e famiglie. Questi disagi andrebbero evitati e come Comune ci auguriamo che non si ripetano mai più».

Francesco Scuderi

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