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Il controesame

Processo Pfas: «Miteni chiedeva di modificare i report»

Il controesame del maresciallo Tagliaferri. La procura ha intanto chiesto l'archiviazione dell'inchiesta sulle malattie dei dipendenti
L'udienza di ieri del processo ai vertici Miteni
L'udienza di ieri del processo ai vertici Miteni
L'udienza di ieri del processo ai vertici Miteni
L'udienza di ieri del processo ai vertici Miteni

Il maresciallo del Noe, Manuel Tagliaferri, testimone dell'accusa nel processo Pfas, ieri, è tornato sul banco dei testimoni per rispondere, questa volta, alle domande delle parti civili e di quelle avanzate dai difensori dei 15 imputati. Un lungo controesame, quello del militare del Nucleo operativo ecologico dell'Arma, che dovrebbe terminare giovedì prossimo. Tagliaferri, sollecitato dall'avvocato Marco Tonellotto, legale di uno dei gestori idrici della provincia, spiega come «prima del 23 luglio 2013 non ci fu mai alcuna comunicazione da parte di Miteni in merito alla presenza di sostanze inquinanti, i Pfas, nelle acque». Tutto vero anche se poi, il maresciallo Tagliaferri, replicando all'avvocato Alberto Berardi, che rappresenta la Regione, costituitasi parte civile nel dibattimento, spiega che l'azienda di Trissino, nell'aprile 2005, aveva inviato una lettera al Genio civile (e per conoscenza anche al sindaco di Trissino) in cui era presente un allegato che parlava espressamente dell'inquinamento. In quel file infatti la Miteni parlava espressamente di bonifica.

La lettera

«La lettera in sé non trattava di inquinamento ma solo della richiesta di sigillare tre pozzi - conferma il maresciallo del Noe - Però se si prende l'allegato sì, era presente il riferimento all'inquinamento e alla necessità di eseguire una bonifica». Il Genio civile, poi, demanda all'Arpav l'operazione relativa alla chiusura dei pozzi, ma nemmeno i tecnici dell'Azienda regionale per la prevenzione e protezione ambientale a quanto pare si rendono conto di nulla.

La testimonianza del militare Noe

Dalla testimonianza del militare del Noe emerge anche che l'inquinamento legato alle sostanze perfluoroalchiliche veniva documentato non solo dai laboratori esterni a cui la Miteni chiedeva di svolgere delle analisi ad hoc, ma anche da quelli suoi, interni. Gli esiti, però, come riferisce Tagliaferri, «non sono stati comunicati ad Arpav, né agli enti amministrativi. E questo né prima né dopo il luglio 2013», data in cui il caso Pfas è scoppiato in tutta la sua virulenza. Ma non è ancora tutto visto che, stando alle parole del maresciallo del Nucleo operativo ecologico dei carabinieri, «Miteni chiedeva anche di modificare il contenuto delle relazioni che redigeva la Erm (la ditta di Milano a cui si era rivolta l'azienda di Trissino per la consulenza in materia ambientale, ndr). La quasi totalità delle mail intercorse tra la Erm e Miteni non erano più presenti in azienda quando siamo arrivati. Erano state cancellate così come non c'erano più nemmeno gli studi Erm».

L'inchiesta sulle malattie professionali

Intanto, sempre nel corso dell'udienza di ieri, in aula è stato riferito che l'inchiesta sulle malattie professionali che sarebbero state accusate dai lavoratori Miteni a causa del contatto con le sostanze inquinanti è stata chiusa. Il fascicolo, di fatto parallelo a quello aperto nei confronti dei 15 ex manager dell'azienda di Trissino, era stato aperto dal pubblico ministero Alessia La Placa (che nei mesi scorsi ha lasciato la procura berica per un'altra sede ndr). Sull'inchiesta pende una richiesta di archiviazione; istanza che il sostituto procuratore avrebbe avanzato al giudice per le indagini preliminari poco prima di lasciare Vicenza. Il maresciallo Tagliaferri dovrebbe dunque concludere il suo controesame nell'udienza fissata giovedì prossimo. La successiva è stata calendarizzata giovedì 29 settembre.

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