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L'inchiesta sull'inquinamento

Pfas, verso il maxi-processo ai dirigenti Miteni

Manifestazione anti-Pfas
Manifestazione anti-Pfas
Manifestazione anti-Pfas
Manifestazione anti-Pfas

La Procura di Vicenza aumenta il numero delle persone da sottoporre a giudizio nel processo per l’inquinamento da Pfas. Lo si è saputo ufficialmente ieri mattina, nel corso di una rapidissima, ma non per questo meno importante, seduta di udienza preliminare del procedimento avviato dal tribunale berico ancora nel novembre del 2019 per la contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche di acque, ambiente e persone riguardante anche 13 Comuni del Basso ed Est Veronese.

 

La procura aveva chiesto che andassero a processo per i reati di avvelenamento delle acque e disastro innominato 13 persone. Si tratta di dirigenti e manager che erano alla guida dell’azienda chimica Miteni spa di Trissino, Vicenza, fino al 2013. Una ditta ora fallita che è considerata la fonte principale dell’inquinamento.

 

I sostituti procuratori Barbara De Munari e Hans Roderich Blattner hanno poi portato avanti due inchieste parallele relative alle contaminazioni più recenti, legate in particolare alla lavorazione del Pfas di nuova generazione GenX, e alla bancarotta dell’azienda. Per queste hanno chiesto il rinvio a giudizio di otto persone. Si tratta di una parte dei 13 imputati originari e dell’ultimo consigliere delegato di Miteni, Antonio Nardone, del legale rappresentante dal 2017 al fallimento dell’azienda Martin Leitgeb e della curatela fallimentare. Ieri il gup Roberto Venditti ha rinviato l’udienza al 25 gennaio. In quella data sarà possibile l’unificazione dei procedimenti, che dovrebbe portare ad un vero e proprio maxi-processo in Corte d’assise. •

Luca Fiorin

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