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Pfas e conseguenze sulla salute Al processo è l’ora degli esperti

Sit-in della «Mamme no Pfas» davanti al tribunale di Vicenza
Sit-in della «Mamme no Pfas» davanti al tribunale di Vicenza
Sit-in della «Mamme no Pfas» davanti al tribunale di Vicenza
Sit-in della «Mamme no Pfas» davanti al tribunale di Vicenza

Processo Pfas: oggi saliranno sul banco dei testimoni coloro che si sono occupati delle conseguenze sulla salute della contaminazione. È infatti prevista, in tribunale a Vicenza, l’escussione del medico dell’Ulss Mario Saugo, del responsabile del Registro tumori del Veneto Massimo Rugge e di Paola Facchin del Servizio epidemiologico regionale. Va ricordato che nella scorsa udienza Eugenia Dogliotti, che si è occupata dell’inquinamento in veste di direttrice del dipartimento Ambiente e salute dell’Istituto superiore di sanità, ha affermato che Miteni, la fabbrica chimica i cui dirigenti e proprietari sono imputati di una serie di reati legati alla contaminazione, non poteva non sapere. Dal confronto con gli avvocati delle parti, fra i quali quelli delle società del servizio idrico, è emerso che già a partire dagli anni 2000, sotto la spinta della preoccupazione per gli impatti negativi sulla salute e sull’ambiente, la legislazione di vari Stati e l’industria avevano intrapreso azioni per ridurre il rilascio di Pfas a lunga catena in ambiente. A portare in primo piano il tema della presenza nell’ambiente delle sostanze perfluoro-alchiliche era stato il caso Dupont, scoppiato negli Stati Uniti all’inizio del nuovo millennio. Nonostante fra gli operatori della chimica la vicenda Dupont fosse nota, o comunque la relativa notizia fosse di facile reperibilità, Miteni non avrebbe intrapreso alcuna azione volta all’interdizione del rischio ambientale. Non solo. Avrebbe anche continuato a produrre sostanze perfuoralchiliche e dato avvio alla produzione di nuove sostanze della stessa tipologia. Inoltre, nonostante i monitoraggi ambientali eseguiti dalla società di consulenza Erm Italia su incarico dell’azienda avessero posto in evidenza fin dal 2009 il grave inquinamento del sito e della falda sotterranea, le relative risultanze non furono mai comunicate da Miteni agli enti competenti, tra cui le società idriche. Il procedimento, va ricordato, è relativo ad un caso di inquinamento di acque ed ambiente scoperto nel 2013, al quale sono esposti centinaia di migliaia di cittadini residenti nell’area posta a cavallo fra le province di Verona, Vicenza e Padova, che comprende anche 13 Comuni del Basso ed Est Veronese. Per questa contaminazione 15 manager di Miteni, e delle multinazionali Icig e Mitsubishi Corporation che ne hanno detenuto la proprietà, sono a processo. •. Lu.Fi.

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