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Per una svista del Caf ci rimette 3.000 euro

Disney World a Orlando. Matteo Pesarini vi lavorava prima del rientro forzato in Italia per la pandemia
Disney World a Orlando. Matteo Pesarini vi lavorava prima del rientro forzato in Italia per la pandemia
Disney World a Orlando. Matteo Pesarini vi lavorava prima del rientro forzato in Italia per la pandemia
Disney World a Orlando. Matteo Pesarini vi lavorava prima del rientro forzato in Italia per la pandemia

Quando la primavera scorsa Matteo Pesarini si trovava a Orlando, per lavoro, mai avrebbe immaginato l’incubo nel quale si sarebbe trovato nei mesi successivi: un tunnel buio iniziato con il Covid, il ritorno in Italia, il caos burocratico per la richiesta di una disoccupazione che non sarebbe mai arrivata. E non per colpa sua. «Lavoravo a Disney World», racconta oggi il 26enne dalla sua casa di Boschi Sant’Anna, dove abita con i genitori, «facevo il commesso e mi trovavo bene: d’altra parte da anni sono abituato a lavorare all’estero. Nel parco divertimenti la maggior parte dei contratti sono a tempo determinato, il mio sarebbe scaduto a ottobre 2020». L’aereo per l’Italia però Matteo lo ha preso molto prima, a fine aprile, quando la pandemia ha chiuso anche Disney World. «Sono tornato a casa e ho dovuto fare due settimane di quarantena», ricorda. Cercare un altro lavoro, in pieno lockdown, era praticamente impossibile, «così ho approfittato di quei giorni per informarmi per la domanda di disoccupazione, prendendo appuntamento per inizio maggio al Caf di Legnago». E qui è iniziato il secondo calvario di Matteo, dopo quello del rientro dagli Usa a causa del Covid: una Via Crucis tra uffici e mancati avvisi che gli avrebbe fatto perdere 3mila euro. «Quando mi sono presentato all’incontro, ho portato tutto quello che l’operatrice mi aveva detto che sarebbe servito per presentare la domanda di disoccupazione all’Inps: la data del mio rientro in Italia e tutte le buste paga inerenti il mio lavoro a Orlando», ricorda Matteo. In quegli uffici non gli è stato chiesto altro, «soprattutto hanno omesso di dirmi che era necessaria l’iscrizione, fatta nell’anno in corso, al centro per l’impiego. Un passaggio necessario per inviare la richiesta. E questo nonostante io li avessi informati in modo chiaro che la mia adesione all’ex collocamento risaliva al 2015. Se avessi saputo che serviva questo ulteriore passaggio lo avrei fatto in un attimo, senza problemi». Così l’operatrice, piega il 26enne, ha mandato all’Inps la documentazione incompleta per la domanda di disoccupazione che, quindi, è stata respinta. Una svista, quella del Caf, che ha messo in seria difficoltà il ragazzo. Senza stipendio, senza ammortizzatori, senza la possibilità di trovare, in piena pandemia, un’altra occupazione. L’Ente previdenziale, successivamente, ha richiesto l’integrazione dei documenti, ma il giovane veronese ne è stato informato dal Caf troppo tardi, quando il tempo era ormai scaduto. «In questo modo ho perso il diritto ai miei sei mesi di disoccupazione», dice amareggiato, «e quindi ai 3mila euro che mi sarebbero spettati». Matteo si è perciò rivolto all’Adico, l’Associazione difesa consumatori, che lo sta aiutando a recuperare quella cifra, in un testa a testa con il Caf che rischia di finire dentro le aule di un Tribunale. «Il nostro ufficio legale», spiega il presidente di Adico, Carlo Garofolini, «ha scritto più volte sia alla sede di Legnago che all’ Inas di Roma, senza ricevere risposte soddisfacenti. Come succede troppo spesso, Caf e patronati, di fronte a propri errori che, lo diciamo da sempre, possono capitare, non ammettono quasi mai le proprie responsabilità pur avendo una assicurazione apposita. In questo modo si abbandonano persone che avevano riposto massima fiducia nella competenza e nella professionalità degli operatori». «Perdere tremila euro così, per uno sbaglio altrui», sottolinea Garofolini, «è mortificante. Ancora più mortificante vedere il disinteresse di chi ha commesso l’errore. Ora, dopo varie diffide, stiamo tentando una mediazione in vista però di una possibile causa in Tribunale. Il nostro socio è molto determinato proprio perché è straconvinto delle proprie ragioni. Noi, ovviamente, siamo con lui e lo assisteremo fino in fondo». •.

Francesca Lorandi

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