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UNA 44ENNE NELLA BASSA

«Paga o pubblico
foto hard sul web»
Casalinga ricattata

Uomo alla testiera del pc: un 44enne pugliese ha ricattato una coetanea della Bassa veronese
Uomo alla testiera del pc: un 44enne pugliese ha ricattato una coetanea della Bassa veronese
Uomo alla testiera del pc: un 44enne pugliese ha ricattato una coetanea della Bassa veronese
Uomo alla testiera del pc: un 44enne pugliese ha ricattato una coetanea della Bassa veronese

«Dammi i soldi o altrimenti diffondo on line le tue foto senza veli». Quella che inizialmente sembrava una storia d’amore, sbocciata su Internet e coltivata per mesi tra continui scambi di messaggi affettuosi e scatti erotici che dovevano rimanere segreti, alla fine è diventata un incubo per una 44enne residente in un piccolo centro della Bassa. Ed è sfociata in un ricatto bell’e buono, che l’ha terrorizzata e le ha fatto perdere il sonno di fronte alla prospettiva di vedere irrimediabilmente compromessa la sua reputazione dopo aver visti traditi di botto fiducia e sentimenti. La donna, prima di rivolgersi ai carabinieri che hanno individuato e denunciato il suo estorsore, ha versato infatti al sedicente innamorato, che si spacciava tra l’altro per un carabiniere, oltre seimila euro e due cellulari Samsung S4. Purché la «corrispondenza» hard, avvenuta nei momenti di intimità di una coppia seppur virtuale, non fosse sbandierata ai quattro venti.

LA CHAT. Questa storia di solitudine e debolezza, che con il cuore non aveva nulla da spartire, è iniziata tre anni fa. Il primo contatto tra la casalinga della Bassa e il coetaneo salentino, nato come lei nel 1971 e residente a Surbo, in provincia di Lecce, è avvenuto su Facebook. Lui le disse di essere un brigadiere capo dell’Anticrimine, ruolo per altro inesistente, di chiamarsi Roberto Fasano e di essere alla ricerca dell’anima gemella, di una persona in grado di comprenderlo e di stargli vicino in un momento in cui attraversava anche difficoltà economiche. Con il passare dei giorni, il feeling tra i due cresce di intensità e si trasforma in un rapporto sempre più stretto, scandito da una sfilza di conversazioni tra una chat e l’altra. Poi passano agli appuntamenti su Skype, dove grazie alla webcam possono vedersi e parlarsi. E così la relazione a distanza tra la donna e Donato Zecca - questo il suo vero nome - si rafforza e diventa sempre più intima. Al punto che la coppia non esita a scambiarsi foto «bollenti» in cui la 44enne veronese, ormai perdutamente innamorata del corteggiatore pugliese, appare in pose seducenti come mamma l’ha fatta.

IL RICATTO. Ad un certo punto, nell’estate del 2014, quell’avventura con risvolti erotici prese una piega imprevista. Almeno per la 44enne, che si ritrovò improvvisamente di fronte una persona senza scrupoli, la quale dalle frasi sdolcinate e dai gesti romantici tipici dei fidanzati passò alle minacce. E alla donna cadde il mondo addosso. Il finto carabiniere, stando almeno a quanto è emerso dalle indagini, era infatti pronto a pubblicare su Internet le immagini hard della veronese se lei non gli avesse versato dei soldi. E così la casalinga, di fronte a quelle richieste pressanti e al timore che le foto in cui appariva nuda e in pose sexy circolassero sul web, ha accettato. Perciò ha iniziato a versare denaro sulla Postepay del 44enne salentino, che si è visto arrivare, in varie tranche, la bellezza di seimila euro. Oltre a due telefoni cellulari di ultima generazione.

LA DENUNCIA. Con il passare dei mesi la situazione si fa sempre più insostenibile ed ingestibile. Anche perché la donna non lavorava e, per soddisfare le insistenti pretese del suo ricattatore, doveva attingere giocoforza dal conto di famiglia. Si arriva così all’autunno del 2014 quando la signora, dopo essersi confidata con il suo convivente, decise di rivolgersi alla stazione dei carabinieri di Minerbe, competente per territorio (non si tratta del paese in cui risiede la vittima ndr), e di liberarsi di un peso diventato ormai un macigno insopportabile. Il resto lo ha fatto il maresciallo Simone Bazzani, che ha avviato una complessa indagine attraverso la quale è riuscito a risalire al destinatario di ricariche e bonifici. E quindi a scoprire la vera identità del falso brigadiere, che è stato poi denunciato per estorsione.

IL PROCESSO. Dopo la trasmissione degli atti alla Procura di Lecce scattò una perquisizione nell’abitazione di Zecca dove furono rinvenuti i due cellulari e le ricevute dei versamenti. Inizialmente, l’uomo cercò di sostenere che si trattava di regali e che la donna lo aveva aiutato di sua spontanea volontà visto che non se la passava bene. Ma la sua versione si è infranta davanti alla testimonianza della vittima e alle chat recuperate dagli inquirenti. Il sipario su questa brutta storia, simile a molte altre che spesso vengono taciute dai protagonisti per pudore e vergogna, è calato questa settimana in un’aula del tribunale leccese. Davanti al giudice Simona Panzera, Zecca ha patteggiato infatti una condanna a due anni e quattro mesi di reclusione, concordata tra il suo difensore e il pm Roberta Licci, titolare dell’inchiesta.

Stefano Nicoli

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