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Nuova invasione di «zurle»
È allarme tra gli agricoltori

Una foglia di vite aggredita dalle «zurle» ad Albaredo DIENNEFOTO
Una foglia di vite aggredita dalle «zurle» ad Albaredo DIENNEFOTO
Una foglia di vite aggredita dalle «zurle» ad Albaredo DIENNEFOTO
Una foglia di vite aggredita dalle «zurle» ad Albaredo DIENNEFOTO

Gli agricoltori dichiarano guerra alle carrughe della vite, comunemente conosciute come «zurle», volate a frotte in questi giorni nelle campagne di Ronco ed Albaredo coltivate a vigneto. Per il quinto anno consecutivo, puntuali all’inizio dei primi caldi, i maggiolini verdi sono arrivati a migliaia in alcune zone della Bassa veronese, colonizzando interi campi e divorando in particolare le foglie della vite. Non sono pericolosi per l’uomo, però creano gravi danni estetici e produttivi. I viticoltori stanno combattendo la loro battaglia stagionale con trattamenti mirati. Purtroppo, chi non si accorge in tempo della «minaccia verde», rischia di veder compromessa la vendemmia. Anche la vite rampicante ornamentale, meglio conosciuta come vite americana, presente in molti giardini, è molto appetibile per le «zurle».

Riconoscibili perché simili allo scarabeo, ma con una livrea color verde metallico lucido, le carrughe, il cui nome scientifico è «Anomala vitis», vivono per lo più nelle zone boschive e nelle piante ad alto fusto. D’inverno le larve nascono nel terreno, accanto alle radici degli alberi. Poi, a maggio, gli esemplari diventano adulti e si riuniscono in sciami per cercare cibo. Sono molto voraci e apprezzano vari tipi di foglie: quelle dei meli, dei ciliegi, dei tigli, fino alle grandi foglie delle viti. Prediligono i vitigni di uva bianca rispetto a quelli di uva nera. Garganega, Pinot grigio, Chardonnay sono tutte qualità presenti nella Bassa che le «zurle» attaccano con maggior frequenza. «Ogni anno mi trovo a dover fare i conti con questo parassita», si lamenta Celestino Signorato, viticoltore di Albaredo con 13mila metri quadri di campagna. «Ho scoperto che gli storni ne sono ghiotti però non posso sperare che qualche uccellino mi liberi dal problema, perciò mi affido alla lotta chimica». «Le zurle sono molto fastidiose», dichiara Chiara Gambaretto, sempre di Albaredo, che si affaccia al mondo della viticoltura. «Ne ho abbattute a migliaia con un primo trattamento, ma ora sono tornate. Lasciano la pianta completamente pelata».

Solitamente il coleottero preferisce attaccare le piante esterne al vigneto, preservando le vigne interne. «Probabilmente l’anomala vitis vuole rimanere a contatto con gli alberi dove si sposta per riposare di notte, per questo non si addentra nella coltivazione», ipotizza Flavia Zenari, tecnico del gruppo Collis di San Bonifacio. Se l’infestazione viene sottovalutata, le piante con l’apparato fogliare danneggiato si indeboliscono e i grappoli di uva non riescono a maturare in modo equilibrato. Se, invece, si agisce con tempestività, la vite ricaccia tranquillamente la vegetazione entro una quindicina di giorni e il prodotto finale non ne risente. «L’anno scorso avevo avuto una cattiva esperienza con il trattamento che avevo utilizzato, perciò quest’anno ho provato con un aficida che si è dimostrato molto più efficace», racconta Silvano Menini, viticoltore di Tombazosana. «I maggiolini si erano annidati nelle foglie più alte, scuotendo le piante ne facevo cadere a centinaia».

«Quando, cinque anni fa, ci siamo trovati di fronte a questa invasione siamo rimasti basiti, non ci era mai successo prima», riferisce Zenari. «Eppure, qualche anziano ricordava la presenza di questi coleotteri verdi nei campi quarant’anni prima. Fortunatamente, mediante l’uso di prodotti registrati per il trattamento delle viti, si riesce con facilità a ridurre la popolazione dello sciame e a salvare il raccolto».

Claudio Valente, presidente provinciale della Coldiretti, osserva al riguardo : «Riscontriamo in alcune aziende associate a Coldiretti che si trovano nel comprensorio di Albaredo d’Adige la problematica legata alla straordinaria proliferazione di coleotteri verdi, con viva preoccupazione tra gli imprenditori agricoli che vedono compromessa la salute dei propri vigneti. Dal momento che sembra non esistere in natura un antagonista in grado di contrastare efficacemente la diffusione di questo insetto, confidiamo nel ruolo sempre più centrale della ricerca affinché i viticoltori siano messi nelle condizioni di salvaguardare il proprio raccolto, garantendo un prodotto salubre e di qualità».

Paola Bosaro

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