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Manodopera clandestina,

Il laboratorio  di confezioni gestito dal 37enne cinese alle porte di Sanguinetto L’auto delle Fiamme Gialle di Legnago che hanno eseguito l’ispezione
Il laboratorio di confezioni gestito dal 37enne cinese alle porte di Sanguinetto L’auto delle Fiamme Gialle di Legnago che hanno eseguito l’ispezione
Il laboratorio  di confezioni gestito dal 37enne cinese alle porte di Sanguinetto L’auto delle Fiamme Gialle di Legnago che hanno eseguito l’ispezione
Il laboratorio di confezioni gestito dal 37enne cinese alle porte di Sanguinetto L’auto delle Fiamme Gialle di Legnago che hanno eseguito l’ispezione

L’incessante via via di furgoni, specie nelle ore notturne, davanti ad un laboratorio di confezioni aperto lo scorso dicembre alle porte di Sanguinetto faceva a pugni con l’unica persona che, almeno formalmente, risultava a libro paga. E così la Guardia di Finanza di Legnago ha deciso di vederci chiaro sullo strano movimento che ruotava attorno a quell’attività gestita da un cittadino cinese. Sono scattate così le indagini che hanno permesso ai militari del capitano Valentino Luce di smascherare un giro di lavoro nero e di impiego di manodopera clandestina culminato nella denuncia del titolare, L.J., 37 anni, per violazione del Testo unico sull’immigrazione. Il blitz è scattato nelle prime ore del mattino. Al loro arrivo, le Fiamme Gialle si sono imbattute in cinque operai tra i 30 e i 50 anni - due donne e tre uomini tutti di origine cinese - chini sulle macchine da cucire a confezionare magliette. Nulla di strano se non fosse che, in base agli accertamenti eseguiti dai militari durante la verifica, quattro di loro, sprovvisti tra l’altro di documenti d’identificazione, sono risultati clandestini. Inoltre, l’ispezione ha permesso di appurare, sulla scorta di elementi oggettivi, che i lavoratori in questione erano praticamente dei fantasmi pagati in contante. Non è emersa alcuna tracciabilità, obbligatoria per legge, dei compensi. E non c’era nemmeno l’ombra di contributi previdenziali. Le Fiamme Gialle proseguiranno ora i controlli per appurare se la ditta impiegasse altri operai oltre a quelli trovati durante il blitz. Il laboratorio era infatti super attrezzato e il numero dei macchinari superava di gran lungo il personale presente. Sono in corso inoltre approfondimenti sulla provenienza e la destinazione finale dei capi, riconducibili ad una nota griffe bolognese della moda, con la quale però l’artigiano cinese non avrebbe rapporti diretti. Sembra però escluso che possa trattarsi di merce contraffatta mentre è invece verosimile che L.J. sia un terzista. L’unica certezza al momento, oltre alla denuncia per aver violato il decreto legislativo 286 del 1998, è che il 37enne si è visto infliggere dai finanzieri due sanzioni amministrative per un totale di quasi 22.300 euro: 17.280 (4.320 per ogni lavoratore in nero) per non aver comunicato preventivamente l’avvio del rapporto di lavoro; 4.999,98 per la corresponsione dei compensi in contanti. Al di là del salasso economico, l’artigiano rischia grosso anche sul fronte penale: la reclusione da sei mesi a tre anni e una multa di 5mila euro per ogni operaio. L’operazione, che ha smascherato l’ennesimo caso di lavoro sommerso nel Veronese, è sfociata in una sospensione dell’attività da parte dell’Ispettorato del lavoro di Verona per il superamento della soglia di addetti irregolari rispetto all’organico totale. Un’altra segnalazione è stata inoltrata dalla Guardia di Finanza al Servizio prevenzione igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro (Spisal) dell’Ulss 9 per le precarie condizioni igienico-sanitarie riscontrate nel laboratorio e al piano superiore dove alloggiavano gli operai. •

Stefano Nicoli

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