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«La falda contaminata da Pfas è ormai tutta compromessa»

La falda contaminata dai Pfas è ufficialmente compromessa. A confermarlo è stato ieri, entrando nella riunione che doveva decidere in merito al piano di bonifica del sito produttivo Miteni di Trissino, in provincia di Vicenza, Nicola Dell’Acqua, il dirigente dell'Area tutela e sviluppo della Regione. «Ici 3 Italia Holding (che è stata la proprietaria di Miteni sino a quando, nel novembre del 2018, non ne è stato dichiarato il fallimento, ndr) ha presentato un progetto che è molto buono e innovativo, ma sta di fatto che non basta fissare dei limiti per quanto riguarda quello che arriva nella falda dall'area in cui c'è la fabbrica, bensì è necessario che a valle delle barriere previste attorno a Miteni l'acqua divenga così pulita da essere considerata potabile», spiega Dell'Acqua. La falda, che è grande pressappoco come il lago di Garda e che arriva sino nel Colognese, ha già al suo interno una presenza di sostanze perfluoro-alchiliche così elevata che la sua eliminazione non è allo stato attuale economicamente sostenibile. «In ogni caso si tratta di un giacimento ad uso idropotabile, per cui, essendo necessario che non si aggiungano ulteriori contaminazioni a quella già esistente, sono state imposte restrizioni chiare», precisa Dell'Acqua. Nella conferenza dei servizi, che si è svolta in Comune a Trissino, dov’erano presenti tutti gli enti coinvolti nel problema-Pfas, sono state enunciate le prescrizioni che dovrà rispettare il piano che Ici 3 aveva presentato lo scorso 31 dicembre. Il progetto prevede in una prima fase un miglioramento della barriera idraulica già esistente e, poi, la realizzazione di un diaframma lungo ben 600 metri, che dovrebbe evitare ogni contatto fra l'area inquinata e la falda. «Entro 20 giorni è prevista l'approvazione definitiva della proposta, dopo l'inserimento dei miglioramenti chiesti oggi (ieri per chi legge, ndr), e poi i lavori dovranno essere avviati entro un mese», spiega Dell'Acqua. Il quale aggiunge che, se Ici 3 non dovesse rispettare queste scadenze, sarà la Regione a intervenire in via sostitutiva, rivalendosi poi sull'azienda. «I lavori della bonifica devono comunque partire entro la fine di marzo», sottolinea il funzionario. Il quale spiega che nel bilancio regionale sono già stati accantonati a titolo precauzionale 3 milioni di euro. «Se dovesse intervenire la Regione potrebbe iniziare le opere subito, tramite Veneto Acque, ma, in ogni caso, il presidente Zaia ha chiesto che venga istituito un commissario governativo, perché le procedure siano più rapide di quelle ordinarie», conclude il dirigente. Il caso-Pfas è intanto finito al centro delle attenzioni dei partecipanti a una serie di incontri che si sono svolti in questi giorni a Taranto. In forza di un'alleanza fra i comitati che si stanno battendo contro gli inquinamenti in atto in varie zone d'Italia, le Mamme no Pfas hanno partecipato a un'iniziativa programmata per parlare di salute e qualità della vita nella città che deve fare i conti con la presenza dell'Ilva. Le attiviste hanno partecipato ieri alla proiezione del documentario «Quando le mamme si incazzano» di Andrea Tomasi, con la legnaghese Michela Zamboni che ha presentato le iniziative che sono state attivate da noi, per chiedere la tutela dell’ambiente e della salute. Il movimento No Pfas veneto, inoltre, ha espresso la sua solidarietà nei confronti di chi a Spinetta Marengo, in provincia di Alessandria, ha scoperto di dover affrontare un grave inquinamento da Pfas, ribadendo la richiesta dell'adozione di forti misure a livello nazionale. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Luca Fiorin

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