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IL DELITTO DI ALBAREDO

L’Adige in secca restituisce ossa umane: è giallo. Forse sono di Larisa

Non è escluso che i resti appartengano all’undicenne uccisa nel 2016 con la mamma dal fratello Andrei, che gettò i due cadaveri nel fiume
Mirela Balan e la figlia Larisa Elena Mihailescu uccise nel 2016
Mirela Balan e la figlia Larisa Elena Mihailescu uccise nel 2016
Mirela Balan e la figlia Larisa Elena Mihailescu uccise nel 2016
Mirela Balan e la figlia Larisa Elena Mihailescu uccise nel 2016

L’Adige in secca si ritira e restituisce, all’altezza di Roverchiaretta, resti umani. Una calotta cranica di piccole dimensioni, appartenente con ogni probabilità ad un bambino che deve ancora completare la fase dello sviluppo. E tra gli inquirenti si riaccende il timore, ma anche la speranza, dopo incessanti e laboriose ricerche rimaste finora senza l’esito sperato, che possa trattarsi di una porzione del teschio della piccola Larisa Elena Mihailescu: l’undicenne di origine romena assassinata il 13 febbraio del 2016 ad Albaredo, assieme alla mamma Mirela Balan, 40 anni, dal fratellastro Andrei Filip al culmine di un litigio nella casa di via Teiolo dove vivevano.

Manca infatti ancora un tassello per completare lo straziante puzzle costato nel frattempo al bracciante agricolo una condanna a 30 anni di reclusione per il duplice omicidio della mamma e della sorellina, che uccise e fece a pezzi la vigilia di San Valentino. Per poi rinchiudere i due corpi martoriati in tre trolley, che gettò nelle acque dell’Adige dal ponte di Albaredo prima di fuggire in Romania. A distanza di sei anni da quell’atroce delitto, scatenato da una convivenza diventata ormai impossibile, resta ancora da recuperare il trolley contenente il tronco e la testa della bambina.

Quell’angioletto dai lunghi capelli castani che si era perfettamente integrata nella scuola elementare del paese dove le sue maestre hanno piantato un albero per ricordarla. Manca quindi all’appello un borsone del tutto simile a quello portato a galla nell’aprile del 2016 dai sommozzatori dei vigili del fuoco, 700 metri a valle del ponte di Bonavigo. All’interno c’erano la testa e il tronco della badante ammazzata dal figlio all’epoca ventenne. Gli arti inferiori di entrambe le vittime erano stati invece ripescati a una settimana di distanza da quella carneficina che scosse l’Italia intera sotto il ponte che collega Albaredo a Ronco.

Il fiume, diventato la tomba per madre e figlia quella piovosa notte del 2016, non ha invece mai restituito metà corpo della povera bimba. Ma ora potrebbe essere arrivato il momento di dare una degna sepoltura anche a Larisa. Così come è già avvenuto per la salma della madre Mirela, riportata in Romania dalla figlia Oana Maria Filip, sorella maggiore di Andrei, e seppellita nel cimitero di Ghindaoani, piccolo centro ai confini con la Moldavia.

Il condizionale è comunque d’obbligo in attesa che vengano completati i complessi accertamenti tecnici, da parte del medico legale incaricato dalla Procura di Verona, sui resti affiorati domenica scorsa in Adige. Ma sulla carta ci sono parecchi indizi in grado di confermare un’ipotesi subito presa in considerazione dai carabinieri del Nucleo operativo e Radiomobile di Legnago, che si sono precipitati sul posto dove è spuntata la piccola calotta cranica. Ad allertare la centrale operativa del 112 è stata, intorno alle 16, una coppia di cinquantenni di Cerea che, mentre passeggiava con il cane, ha notato qualcosa di strano spuntare tra la sabbia e il ghiaione del greto all’asciutto.

Quindi i due si sono avvicinati e si sono resi conto che si trattava di un teschio. Forse la tessera mancante per chiudere il cerchio sull’efferato omicidio di Albaredo. Oltre a trattarsi di resti umani quasi sicuramente di un minore, il macabro rinvenimento è avvenuto infatti sulla riva destra suppergiù di fronte all’ansa in cui venne avvistato e recuperato il busto della quarantenne. Un particolare che rafforza i sospetti degli uomini del capitano Luigi Di Puorto, che hanno immediatamente informato del ritrovamento il pm di turno, il dottor Alberto Sergi. Le ossa raccolte dalla coppia ceretana, dopo i primi riscontri eseguiti dai militari del Norm coordinati dal luogotenente Mauro Tenani, verranno ora consegnate all’Istituto di medicina legale del policlinico veronese di Borgo Roma dove si procederà alle analisi e alle indagini genetiche. E solo allora si saprà se si tratta di Larisa.

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