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La storia di Eric Benedusi

«Vendo tutto e cambio vita». E da cinque anni gira il mondo

Eric Benedusi
Eric Benedusi
Eric Benedusi
Eric Benedusi

Mollo tutto e cambio vita. Lo abbiamo pensato tutti almeno una volta. Che poi si possa o si voglia fare sul serio, è tutto da vedere. Ma ogni tanto e con un mix di invidia e ammirazione, si sente parlare di qualcuno che ci è riuscito. Questa è la volta di un veronese, per lo meno di nascita: Eric Benedusi, 42 anni, originario di Nogara, protagonista del progetto social «I have a trip» che su Instagram conta più di 11mila follower.
Ha vissuto a Rovigo, nel Mantovano e nel Bresciano, ma il suo giro del mondo in solitaria a low-budget è cominciato dalla stazione degli autobus di Porta Nuova e qui tornerà per chiudere il cerchio, questa estate, dopo aver attraversato oltre 50 nazioni.
«Forse a metà luglio. Sto scrivendo un libro», anticipa dal Brasile, dove attualmente si trova. 
Sono passati cinque anni da quando ha lasciato il posto fisso di tecnico informatico e da allora non si è più fermato. Ha viaggiato senza una destinazione precisa e fino a qualche giorno fa, senza una data di ritorno segnata sul calendario. Sempre spinto da un imperativo: «Ogni centro metri il mondo cambia», come scriveva Roberto Bolaño. 

 

Eric Benedusi ai piedi dell'Himalaya
Eric Benedusi ai piedi dell'Himalaya


Una vita tutto sommato senza scosse e persino fortunata, la sua, se consideriamo la situazione lavorativa di migliaia di persone. «È vero, era perfetta. Se avessi avuto 60 anni, avrei continuato a farla senza rimpianti. A 37, però, mi sembrava molto piatta. Così è scoppiata la scintilla. Ho venduto tutto quello che avevo: auto, bicicletta, elettrodomestici. E mi sono licenziato, dopo 16 anni in un'azienda di software per falegnamerie», racconta. 
Il primo pit-stop è Berlino, direzione Groenlandia. Attraversa tutti i Paesi dell’ex Unione sovietica, rimane per un mese in Iran e gira l’Asia in lungo e in largo. Per due anni lavora solo in cambio di vitto e alloggio, come giardiniere, imbianchino e baby sitter. «Il fatto che in Italia non avessi più niente, a parte ovviamente la mia famiglia e gli amici, mi ha fatto pensare che avrei potuto ricominciare da capo in qualsiasi posto mi trovassi», dice. 
La pandemia lo raggiunge in Malesia, dov’è costretto a rimanere un anno e mezzo. «Avevo appena finito di lavorare in un ristorante italiano in Thailandia e l’idea era di arrivare a Bali. Il Covid mi ha rinchiuso per tre mesi dentro un ostello sulle montagne. Potevo uscire solo per andare al supermercato, tornando indietro rigorosamente per la stessa strada. Quando le restrizioni si sono allentate mi sono dovuto inventare qualcosa. Ho cominciato a fare il gelato in casa, io che non avevo mai cucinato un dolce in vita mia. Lo vendevo al mercato cinese ed è stato un successo. Dopo tre mesi ho aperto una gelateria al centro commerciale, in società con una ragazza malese. Dopo altri sei mesi avevamo due dipendenti e tre collaboratori». 
L’avventura è agli sgoccioli. «Torno perché è ora e a dire il vero, vorrei già essere a casa. Non dormo da quando ho acquistato il biglietto dell’aereo», confessa. E adesso? «Bella domanda. Qualche agenzia di viaggio mi vorrebbe come tour leader. Ma l’idea è fermarmi per qualche mese e poi ripartire. Amo l’Italia, ma dopo questo viaggio non credo di volerci vivere a lungo. Mi piacerebbe dividermi tra Asia e America. Tra i posti che ho visto, mi ha colpito la Cina. Il fatto di non capire una parola ha reso tutto più affascinante», ride.

 

Laura Perina

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