<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
26 anni dopo

Caso Stevanin: Roswita e «la sconosciuta», svanite nel nulla e mai più ritrovate

26 anni dopo

A distanza di 26 anni, restano ancora tanti misteri sul caso di Gianfranco Stevanin, condannato all’ergastolo per gli omicidi di cinque donne.

E alcuni dei misteri hanno un nome, ma non un corpo. Donne sparite nel nulla di cui si sono trovate foto, documenti. Per alcune nessuno ha denunciato la scomparsa. All’epoca delle indagini non c’era internet, non c’erano i social. Tutto era circoscritto all’Italia o ad alcune regioni, le notizie sul mostro di Terrazzo venivano date principalmente dai media locali, non arrivarono nei Balcani, in Austria. Tra gli interrogativi, questo: perché, all’epoca delle indagini per gli omicidi accertati di alcune donne, Gianfranco Stevanin mentì, per poi essere smascherato, sulla collocazione temporale di una fotografia ad una donna? Quella donna, che all’epoca aveva i capelli chiari, era molto magra e aveva sulle braccia i «binari» lasciati dai troppi buchi delle siringhe, è stata fotografata nel cascinale di Terrazzo, quello in via Brazzetto, dove Stevanin portava le sue vittime. La foto di quella donna nuda, con addosso soltanto un paio di calze autoreggenti a rete è stata trovata in mezzo al tantissimo materiale pornografico rinvenuto durante le indagini. Ma quando gli inquirenti, i luogotenenti Bruno Fera e Claudio Swic e il magistrato che coordinava le indagini, Maria Grazia Omboni, gli mostrarono le foto, Stevanin mentì sulla data delle fotografie: il serial killer disse che si trattava dei primi anni Ottanta quando, invece, gli inquirenti, grazie ad un’altra foto scattata alla stessa donna al parco comunale di Legnago e con la collaborazione del settimanale Novella 2000 accertarono che era il 1992. La ragazza era stata fotografata sulla panchina dei giardini di Legnago con in mano una copia arrotolata del noto settimanale. I carabinieri grazie ad un microscopio dell’ospedale di Legnago riuscirono ad ingrandire la copertina. La spedirono alla redazione del settimanale che inviò l’originale. La foto della donna, in bianco e nero, com’era costume in quegli anni, venne pubblicata sul nostro giornale. Ma nessuno si fece vivo. Resta la «donna ignota», inghiottita dal nulla. Quando esplose il caso del mostro di Terrazzo, i carabinieri andarono anche a ritroso nella vita di quell’uomo. E arrivarono a scoprire che, il suo modo di agire, era lo stesso anche svariati anni prima di scoprire che era un killer seriale.

LUGLIO 1989. Era il 7 luglio 1989. Stevanin venne arrestato per il furto di una targa ad Altavilla vicentina da parte del Nucleo operativo radiomobile di Vicenza. I carabinieri lo trovarono proprio mentre stava sostituendo con quella targa, quella della Fiat 131 del padre in una zona frequentata da prostitute. I carabinieri sequestrarono diversi oggetti: taglierini, filo da pesca la «bava», che tra l’altro compare anche in alcuni scatti fatti alle ragazze in quel casolare degli orrori. Erano passati tre giorni dalla denuncia di una ragazza, una tossicodipendente, poi deceduta a Malaga. La donna era stata rimorchiata da Stevanin nei pressi dello Stadio. Si chiamava Maria Luisa Mezzari. Stevanin la portò nel solito casolare abbandonato, ma lei vedendo che la situazione si metteva male scappò via, a piedi e nuda. Lui le sparò colpendola ad una mano. La donna sporse anche denuncia ai carabinieri. Ma riportata in zona, non seppe riconoscere con certezza il casolare abbandonato. E anche in fase dibattimentale, anni dopo, quando i carabinieri fecero la loro deposizione, l’avvocato difensore di Stevanin contestò il fatto che nella denuncia la donna parlava di finestre verdi, mentre il casolare le aveva azzurre. Negli anni, il colore poteva essersi sbiadito. Stevanin portò la donna al casolare con un pulmino 900. Era luglio 1989. Cinque anni prima di essere scoperto come pluriassassino.

 

Leggi anche
Stevanin: «Voglio uscire dal carcere, sono un uomo diverso»

 

VILLAFONTANA. Qualche residente di Villafontana forse ricorda ancora una sera in cui, volò giù da un’auto una donna che si era scaraventata fuori dall’auto in corsa dopo essersi spaventata per l’atteggiamento del conducente. Alla guida di una Fiat 131, c’era Stevanin. L’auto era del padre. Il passeggero era Margarete R., una prostituta che Stevanin aveva rimorchiato nei pressi dell’ex zoo in circonvallazione. Come al solito, perchè questo era il suo modus operandi, alla ragazza aveva promesso soldi, un servizio fotografico. Ma quando dalla città, la coppia arrivò a Villafontana, la ragazza si spaventò per l’atteggiamento di Stevanin e si lanciò fuori dall’abitacolo. Negli anni delle indagini, la ragazza, sentita a sommarie informazioni confermò tutto.

EPILOGO. Ed è così che arriviamo al 1994, quando un’altra prostituta, Gabriele Musger, dopo essere salita sull’auto di Stevanin, arriva a casa sua. Stevanin la minaccia con una pistola, le fa indossare abiti succinti, la violenta, ma alla fine lei riesce, con la promessa che gli avrebbe dato 20 milioni, a farsi riportare a Vicenza. E anche in quel caso, la donna si lancia giù dall’auto non appena vede una pattuglia della Polizia. È l’inizio della fine per Stevanin che viene arrestato, partono le indagini su di lui. Nel vecchio casolare vengono trovati i documenti di due donne. Il loro corpo verrà ritrovato. Sono Biljana Pavlovic e Claudia Pulejo.

ROSWITA 1993. Ma in quei giorni si scopre la denuncia di scomparsa di un’altra ragazza Roswita Adlassnig. Una sua amica sporse denuncia per quella scomparsa senza motivo il 10 maggio 1993, lei lavorava sulla Regionale 11 tra Verona e Peschiera. L’amica non vedendola tornare, il giorno dopo si recò a fare denuncia. Roswita scompare di sabato. Un dettaglio importante, perchè nel casolare di via Brazzetto i carabinieri trovarono una confezione di pillole anticoncezionali che erano state assunte fino a sabato. Roswita assumeva Evanor Wyeth. Il blister mostrava l’assunzione fino a sabato, quando la donna era salita sull’auto di Stevanin per poi sparire. E ci sono anche le sue foto in quel casolare. Come per Biljana, la casa affittata da Roswita a Cavaion, in un residence, era in ordine. C’erano anche i regalini per i suoi due figli che avrebbe dovuto consegnare in Austria dove abitavano. E l’amica l’aveva vista salire in auto con Stevanin e le aveva detto di stare attenta a quell’uomo che «era sembrato strano». Il corpo di Roswita non venne trovato. 

Alessandra Vaccari - alessandra.vaccari@larena.it

Suggerimenti