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Ca’ dei Nonni, focolaio post vaccino

L’ospedale di Zevio dove sono stati trasferiti i 66 anziani
L’ospedale di Zevio dove sono stati trasferiti i 66 anziani
L’ospedale di Zevio dove sono stati trasferiti i 66 anziani
L’ospedale di Zevio dove sono stati trasferiti i 66 anziani

Piccolo focolaio di Coronavirus tra ospiti ed operatori vaccinati nella casa di riposo Covid free. Quello che sta succedendo nel Centro servizi anziani Ca' dei Nonni, ospitato attualmente nell'ex ospedale di Zevio in attesa della costruzione della nuova casa di riposo di Albaredo, sembra un paradosso ma potrebbe diventare una situazione comune ad altre realtà ospedaliere e a centri residenziali per anziani. Oltre il 10 per cento degli ospiti, sette su 66, è risultato infatti positivo al tampone molecolare per rilevare l'infezione da Sars Cov-2. Inoltre, sono già tre gli operatori contagiati. La notizia ha completamente spiazzato i vertici della Csa, la cooperativa che gestisce l’istituto per anziani. Il direttore Stefano Ferri è corso ai ripari, lasciando subito a casa gli operatori infettati e isolando in quarantena gli ospiti positivi. Finora i sintomi accertati sono molto lievi o addirittura assenti. Solo un utente è dovuto ricorrere alle cure ospedaliere, ma per una patologia non legata al Coronavirus. Ovviamente sono state sospese tutte le visite dei parenti ed è stato potenziato il livello di controlli e sicurezza all'interno dell'istituto. Vengono effettuati screening con tamponi rapidi ogni quattro giorni a tutte le persone che lavorano o risiedono nella struttura. «Il fatto che i contagiati siano per lo più asintomatici da un lato ci conforta, però dall'altro non ci aiuta ad individuare la malattia», osserva Ferri. «Per questo, l'Ulss 9 Scaligera», aggiunge, «ci sta offrendo la possibilità di effettuare anche tamponi molecolari con una certa frequenza per evitare di incorrere in falsi negativi». Presto dovrebbero essere disponibili pure i tamponi rapidi di terza generazione, molto più sensibili, e quindi più attendibili, di quelli utilizzati finora. Il fenomeno dell'infezione da Covid 19 all'interno di Ca' dei Nonni ha veramente dell'incredibile. E non solo perché finora si tratta dell'unico caso noto in provincia di Verona che registra contagi fra persone vaccinate, ma anche perché la struttura era stata preservata dal Covid sia nella prima che nella seconda ondata. Lo scorso 2 febbraio era stata completata la fase dei richiami con Pfizer, uno dei vaccini ritenuti più efficaci. Eppure, dalla prima operatrice contagiata il 15 marzo, è stato un susseguirsi di nuovi casi, fino ai 10 attuali. Il personale è molto provato dalla situazione che si è venuta a creare, anche perché, dopo un anno di sacrifici e un evento drammatico come l'incendio che ha distrutto la sede di Albaredo, la profilassi vaccinale era stata vista come un primo ritorno alla normalità. «Purtroppo noi subiamo le conseguenze di quello che avviene fuori dalla casa di riposo», riferisce Ferri. «Quando ci sono i picchi di contagi, come in questo momento, nei luoghi in cui sono ricoverate persone fragili si possono avere effetti nefasti». Per il direttore dell'Unità operativa di Malattie infettive di Legnago, Pierangelo Rovere, quello che sta avvenendo a Zevio non è un fenomeno inatteso. «Sapevamo che i vaccini anti-Covid non sarebbero stati sterilizzanti al 100 per 100, ovvero non avrebbero impedito le infezioni e i contagi alle altre persone, come avviene ad esempio con i vaccini contro il morbillo o la rosolia», spiega Rovere. «Tuttavia», aggiunge il primario, «sono assolutamente utili perché consentono al virus di attecchire solo parzialmente ed evitano le conseguenze gravi della malattia». Sostanzialmente, ci si può infettare anche da vaccinati, tuttavia raramente ci si ammala, a meno che il nostro corpo non sia riuscito a produrre gli anticorpi. «Nelle persone vaccinate che si contagiano il virus si ferma nelle alte vie respiratorie e alberga nell'organismo soltanto per un breve periodo. In ogni caso, abbiamo visto che le vaccinazioni sono uno strumento efficace per limitare in maniera significativa i contagi», conclude il dottor Rovere, che invita a non abbassare la guardia vista l'aggressività del virus. «Utilizzando le mascherine e mantenendo il distanziamento sociale siamo riusciti quasi ad eliminare l'influenza stagionale ma non il Covid, perché evidentemente ha una capacità di trasmissione maggiore». •

Paola Bosaro

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