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EST VERONESE

Alluvione, archiviata
l’inchiesta
sui responsabili

Mezzi anfibi dei vigili del fuoco a Soave durante i giorni di alluvione
Mezzi anfibi dei vigili del fuoco a Soave durante i giorni di alluvione
Mezzi anfibi dei vigili del fuoco a Soave durante i giorni di alluvione
Mezzi anfibi dei vigili del fuoco a Soave durante i giorni di alluvione

L’inchiesta sulle alluvioni nell’Est Veronese, avvenute tra il 31 ottobre e il 2 novembre 2010 e il 15 e 16 marzo 2011, finisce in archivio. Lo ha deciso ieri il giudice per le indagini preliminari Giuliana Franciosi, che ha ordinato l’archiviazione del procedimento, così come richiesto per ben due volte dal pubblico ministero Valeria Ardito, titolare del fascicolo.

Sul registro degli indagati erano state iscritte quattro persone: il direttore del Genio Civile, Mauro Roncada, e i sindaci Lino Gambaretto di Soave, Antonio Casu di San Bonifacio e Carlo Tessari di Monteforte d’Alpone (difesi dagli avvocati Giacomo Piazzi, Tiburzio De Zuani e Paolo Costantini). L’inchiesta era aperta per l’accusa di delitti colposi di danno e per aver provocato le due inondazioni del 2010 e 2011 ma, secondo il gip Franciosi, non ci sarebbero gli estremi per procedere contro gli indagati.

Sulla base delle conclusioni del consulente tecnico Corrado Avanzi, in particolare, «non si ravvisano elementi colposi attribuibili a singoli individui, dal punto di vista della responsabilità penale», si legge nell’ordinanza del giudice. «Infatti, in presenza di competenze stratificate, lungaggini burocratiche conseguenti e, non ultimo, a fronte della risalenza nel tempo degli eventi da indagare, il quadro resta poco chiaro e non ulteriormente sviluppabile con riferimento alla enucleazione di singole e personali ipotesi di responsabilità».

Come spiegato dall’ingegner Avanzi nella prima consulenza, infatti, le alluvioni sarebbero state provocate da una serie di cause, tra cui la straordinarietà della pioggia, la conformazione idrografica dei corsi d’acqua presenti in zona, l’uso dissennato del territorio, la presenza di fauna stanziale (in particolare le nutrie) e l’insufficiente stanziamento di fondi per la manutenzione e la realizzazione di nuove strutture idrauliche.

Ma risulta impossibile attribuire queste responsabilità a persone precise. Anche perché, secondo il consulente tecnico, gli interventi di mitigazione del rischio idraulico indicati nei piani di tutela, come il rifacimento del Ponte della Motta o il rialzo arginale sul torrente Tramigna, non avrebbero consentito di evitare le alluvioni. Se tutto ciò sembra scagionare soprattutto il Genio Civile, il gip Franciosi spende alcune parole anche per la «gestione della fase di emergenza» da parte dei sindaci.

Tutti i Comuni interessati, infatti, erano dotati di piano comunale per la protezione civile, ma al momento dell’alluvione non è stato diffuso alcun messaggio di avviso ai cittadini. «Tale omissione non può reputarsi causale rispetto all’evento per il quale si indaga nel presente procedimento», scrive il giudice, «avendo semmai inciso sull’entità dei danni arrecati, e quindi sulle conseguenze. con rilevanza dell’omissione eventualmente sul piano della sola responsabilità civile».

Manuela Trevisani

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