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IL PARROCO. Don Agostino evidenzia il lavoro svolto con il Circolo a San Giovanni Evangelista

«Siamo un condominio
al servizio dei ragazzi»

Una accesa sfida a calcio balilla nella sede del Circolo Noi
Una accesa sfida a calcio balilla nella sede del Circolo Noi
Una accesa sfida a calcio balilla nella sede del Circolo Noi
Una accesa sfida a calcio balilla nella sede del Circolo Noi

Don Agostino Albertini è nato a Belfiore nel 1969. Ordinato sacerdote nel 1996, fu destinato come curato a San Giovanni Lupatoto dove rimase per sei anni; poi, dal 2002 al 2007, prestò il suo servizio pastorale a Santa Lucia Extra e per altri tre anni a Porto San Pancrazio. Con un altro sacerdote, che era parroco moderatore, fu assegnato in seguito alla parrocchia di San Giovanni Evangelista e, dal 2016, ne è diventato la guida. È anche direttore dell’Ufficio Disciplina dei Sacramenti in Curia. Parlando con don Agostino si nota subito in lui una grande affezione per la sua parrocchia. «Siamo un quartiere di città molto bello. Siamo forse nella posizione geografica migliore, essendo vicini alla stazione, all’aeroporto, alla tangenziale, alle varie autostrade: quindi, proprio per questo, mi pare un quartiere aperto all’arrivo, al transito, al permanere». Il nucleo originario della comunità, sorto nel 1959 ad opera di don Luciano Scattolini, mandato dal vescovo per costituire la parrocchia tra le prime abitazioni del quartiere costruite dall’Ina Casa, ha iniziato le prime attività pastorali in una baracca. «La nostra parrocchia», continua, «è per metà sotto il comprensorio di Santa Lucia e per metà sotto Golosine. Gli abitanti reputo siano seimila; lo reputo perché, anche se i confini della parrocchia sono ben tracciati, c’è un interscambio tra gli abitanti delle parrocchie limitrofe». Come in molte realtà della città, c’è una presenza di parecchi stranieri. «Noi a catechismo, per esempio, abbiamo in media una quarantina di ragazzi per annata: tanti vengono anche da fuori parrocchia e circa il 20% di questi bambini sono stranieri. Però non abbiamo problemi di integrazione o intolleranza». Anche se il quartiere è multietnico, dal punto di vista della religiosità e della pratica religiosa cosa può dire? «Il termine tradizionale a proposito della religiosità non mi piace. Direi che rilevo una religiosità buona e saggia. La fede ha creato una buona comunità, quindi una fede vissuta bene dalle persone, con intensità e approcci diversi alla vita parrocchiale, inserita nella realtà della secolarizzazione con una marginalizzazione della esperienza religiosa che tutti sperimentiamo. Tuttavia i praticanti si aggirano tra il 15-20% ed io, sinceramente, sono contento». Come avete organizzato la catechesi? «Il nostro catechismo è molto semplice: ogni settimana c’è l’appuntamento dei ragazzi in parrocchia. Ogni classe è divisa in due o tre gruppi, ognuno con la propria catechista. È una scelta legata all’agenda settimanale dei ragazzi. Fare il catechismo ogni 15 giorni non gioverebbe a nessuno, anzi penso che i ragazzi abbiano il diritto di essere istruiti nella fede ed è nostro dovere farlo. E questo avviene fino alla terza media. Poi inizia il gruppo adolescenti, che è in crescita. Sono una trentina, molto bravi. Siamo molto contenti, anche se il numero è ristretto in relazione al quartiere». Per i genitori si organizzano incontri domenicali. «Significativo», aggiunge il parroco, «è anche il fatto che in una decina di case ci si ritrovi in più persone per leggere il Vangelo. Il servizio e la carità verso i bisognosi si manifesta attraverso la San Vincenzo, molto attiva. Circa settanta le famiglie che vengono aiutate. Abbiamo anche un gruppo missionario. Per arricchire le celebrazioni ci sono due cori, dai bambini piccoli ai giovani e agli adulti. Inoltre, l’Unitalsi, il comitato per la festa della comunità, il Gruppo famiglie, una ventina, si ritrova una volta al mese». Che dice della presenza del Circolo Noi? «Parrocchia, chiesa e Circolo sono fisicamente uniti come ambienti: siamo in condominio. Questo ci fa dire che il Circolo è pienamente parrocchiale ed è perfettamente inserito nella parrocchia. Io non voglio che si distingua: quanto più siamo uniti meglio è. Il nostro Circolo, nel quartiere, è un grande punto di riferimento per tantissime attività, quelle più visibili, legate allo sport, e molte altre che dimostrano come il nostro quartiere abbia bisogno del Circolo Noi. Siamo al servizio dei ragazzi, ma anche di altre persone, e dobbiamo fare in modo che ognuno si senta al suo posto. Come spesso ripeto, in parrocchia ognuno deve sentirsi accolto, ben voluto e stimato. Forse anche per questo nel quartiere non esistono altre realtà che sappiano catalizzare tante persone come il nostro Circolo». • G.B.M.

G.B.M.

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