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IL PARROCO. Don Severino opera in una comunità nella quale più della metà dei residenti non è di tradizione cattolica

«Le famiglie, la nostra anima
e base dell’attività del Circolo»

Don Severino Menegolo è originario di Albaredo d’Adige dove è nato nel 1947. Ordinato sacerdote nel 1972 ha prestato il suo servizio pastorale come curato allo Stadio alla parrocchia degli Angeli Custodi per cinque anni e per altri sei anni a Raldon; ha continuato per tre anni e mezzo a Castelnuovo. In seguito è stato assegnato come parroco a Bolca Sprea, a Cavalcaselle e, dal 2009, regge la comunità della parrocchia di San Giacomo in Borgo Roma. Don Severino qual è il contesto socioeconomico di Borgo Roma, nel quale svolge la sua missione pastorale? «Qui la gente vive di attività professionali e di piccoli, umili servizi. Abbiamo almeno metà della popolazione che vive in case di edilizia popolare e quindi in condizioni economiche abbastanza precarie. Per fortuna c’è anche una fascia di popolazione con minori difficoltà, che conduce una vita abbastanza serena dal punto di vista economico perché lavorano nei servizi e nelle attività professionali». Quanti sono gli abitanti e qual è il volto della parrocchia? «I numeri sono un po’ aleatori: calcoliamo fra i tre e i quattro mila. Più della metà non è di tradizione cattolica. Questa caratteristica segna, perciò, la nostra pastorale che si impegna a seguire, oltre la popolazione che vive la parrocchia, anche l’altra fascia di persone di famiglie immigrate. Soprattutto bambini e giovani che, spesso, sono abbandonati a sé stessi perché i genitori lavorano magari anche sabato e domenica. «E questi figli lasciati a sé frequentano i nostri ambienti e i nostri campi di gioco. E io, ogni tanto, cerco di dare un po’ di attenzione anche a loro. Una delle cose positive che sono riuscito a fare: ho portato una quindicina di questi adolescenti a Gardaland: e nessuno di tradizione cattolica. La fortuna ci ha assistito perché abbiamo avuto 15 ingressi gratis, anche perché chiedere un solo euro a questi ragazzi è come strappare loro un dente». Che tipo di religiosità anima la comunità cristiana di San Giacomo? «Innanzitutto ricordo che la nostra parrocchia è abbastanza giovane e perciò mancano tradizioni inveterate come le processioni o le Quarantore. Perciò si può proporre ogni iniziativa ma, spessissimo, lascia il tempo che trova. Qui la pastorale tradizionale non funziona». Allora cosa fa? «Cerco, ogni tanto, di inventare qualcosa di nuovo. Tenendo conto che la gente non esce più la sera perché una grossa fetta della popolazione è anziana, ho proposto ultimamente la messa più importante la prima domenica del mese. Poi andiamo al bar del Circolo Noi ed io, in dieci minuti, rispondo ad una domanda che la gente pone. E viene più gente che se li invitassi la sera. Per fortuna c’è un gruppo di famiglie ancora abbastanza giovani, che sono l’anima della parrocchia e anche la base dell’attività del Noi». Come siete organizzati per la catechesi? «Per fortuna, se così può essere definita, i bambini sono pochi, appunto perché le famiglie di tradizione cattolica non sono molte. Abbiamo circa dai cinque ai dieci bambini per annata. Quindi la catechesi è molto semplice e familiare. «Non servono grandi impostazioni: semplicemente il catechista o la catechista svolge la sua missione seguendo le grandi indicazioni della chiesa. I nostri ambienti sono molteplici e si trovano sotto la chiesa: possiamo fare i nostri incontri di catechesi tutti contemporaneamente. E per quelli che non frequentano tentiamo di agire come si fa con i “ragazzi di strada” anche attraverso piccole cene, momenti di convivialità, ponendo loro alcune domande sulla vita. Per esempio: per quei quindici che ho portato a Gardaland faremo un incontro apposito. Ed è la terza generazione di ragazzi che tento di seguire in questo modo». In questo contesto sociale e pastorale così complesso che funzione svolge il Circolo Noi? «Sappiamo che l’ideale del Circolo Noi è quello di poter incontrare le persone che vivono ai margini della fede per far sì che anche a loro arrivi qualche messaggio di accoglienza e di amore. I risultati sono quelli che sono, anche se l’impegno c’è». • G.B.M.

G.B.M.

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