Il curato don Giulio Ambrosi è nato l'8 gennaio 1988 ed è originario della parrocchia di Casaleone. Diventa diacono il 7 aprile 2013 e nell’anno di pastorale 2013/2014 presta il suo servizio nella parrocchia di Cerea, dove viene confermato come vicario parrocchiale nel 2014. Don Giulio, ci spieghi come è nata la Casa don Bosco? «È nata quando ci siamo resi conto che l’educazione dei ragazzi e degli adolescenti non poteva ridursi ad un incontro settimanale e che la dinamica più incisiva, che colpisce di più, è quella della vita comune. Nasce, perciò, dalla passione educativa per adolescenti e giovani. Ed è anche nata dalla convinzione che la fede non è qualcosa di “spirituale”, ma è qualcosa che interessa la vita e che, vivendo insieme a loro, si incide di più che a fare tanti incontri. Allora la “Casa don Bosco” aiuta a vivere la fede nella vita di ogni giorno: condividendo la preghiera del mattino, mangiando insieme, studiando e giocando insieme». Come funziona? «Innanzitutto abbiamo a disposizione 23 posti, divisi in due camere; c’è una cucina grande, una sala studio e una cappellina. Come accennavo, questo ambiente, collocato all’interno della Casa del Giovane-Circolo Noi, serve a fare un’esperienza di vita comune. I ragazzi vivono insieme portando avanti le occupazioni che hanno ogni giorno. «Durante l’anno offriamo tre esperienze, diverse per tipologia. La prima è rivolta agli adolescenti che frequentano la parrocchia e proponiamo convivenze di una settimana; la seconda è un’esperienza che proponiamo alle classi delle superiori di una scuola superiore di Cerea: un’esperienza che dura una settimana, dalla domenica sera al venerdì; questa seconda proposta è interessante perché ci permette di creare un giro all’interno di coloro che non frequentano la parrocchia. Una terza esperienza, che è ancora in sperimentazione, è più continuativa: si tratta di un gruppo di ragazzi che si impegna a venire quasi tutte le settimane per due o tre giorni da ottobre fino a Natale e da fine gennaio a prima di Pasqua per un “lavoro” più regolare e continuativo. Questa terza possibilità è un po’ più impegnativa». Chi vive con i ragazzi? «Con loro vivono degli animatori presenti anche durante la notte; poi ci sono io per la maggior parte del tempo. I ragazzi si arrangiano a farsi da mangiare. Nell’esperienza continuativa invece c’è l’aiuto di alcune signore che danno una mano». Quali risultati vi ripromettete di ottenere? «In queste esperienze i frutti si vedono sempre avanti e sono dilatati nel tempo. Secondo me il frutto più grande è e sarà che loro comprendano che la fede ha a che fare con la vita concreta, che non è solo pregare. Il frutto che speriamo è che sentano la parrocchia come casa propria». • G.B.M.