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INTERVISTASCRITTRICE : «NERI POZZA È DI ALTISSIMA QUALITà»

Wanda Marasco Racconto la mia Napoli attraverso gli occhi del cuore

Wanda Marasco, autrice del romanzo «La compagnia delle anime finte»
Wanda Marasco, autrice del romanzo «La compagnia delle anime finte»
Wanda Marasco, autrice del romanzo «La compagnia delle anime finte»
Wanda Marasco, autrice del romanzo «La compagnia delle anime finte»

Istinto poetico, vocazione teatrale, formazione filosofica si uniscono nello slancio alla narrazione in Wanda Marasco, autrice dei romanzi Il genio dell’abbandono e La compagnia delle anime finte, editi da Neri Pozza. Diplomata in Regia e Recitazione all’Accademia d’arte drammatica Silvio D’Amico di Roma, Marasco ha ricevuto il Premio Bagutta Opera Prima per il romanzo L’arciere d’infanzia (Manni 2003), che vede la prefazione di Giovanni Raboni, e il Premio Montale per la poesia con la raccolta Voc e Poè (Campanotto 1997). E si racconta con generosità svelando i segreti di una Napoli letta con gli occhi del cuore.

Wanda Marasco, da molti anni lei pubblica con Neri Pozza. Come descriverebbe il suo rapporto con la casa editrice?

Neri Pozza offre un ventaglio di possibilità di altissima qualità nella letteratura italiana, europea e internazionale, dalla narrativa alla saggistica, rimanendo attraverso i suoi canali ben definiti un solido punto di riferimento. E poi ho trovato in Neri Pozza un team di professioniste efficienti e creative, capaci di mettere a disposizione degli autori qualità umane e di ascolto che giudico rare di questi tempi. Oggi poi la squadra si è arricchita con l’arrivo di Roberto Cotroneo.

Quanto conta, nelle scelte odierne, il passato di Neri Pozza?

Tanto. Neri Pozza rimane fedele alla sua tradizione, alla modalità con cui è nata. Conquista la sua libertà e la ribadisce attraverso la pubblicazione di un certo tipo di autori. Vanta un significativo passato che include anche la persecuzione politica e ha il merito di aver resistito nel tempo a qualunque bieca legge del mercato compiendo scelte di grande qualità. Mi commuovo pensando che presso Neri Pozza sono passati Montale, Luzi, Cardarelli, Gadda, Bontempelli, intellettuali che lì hanno trovato una casa. E in anni recenti c’è la direzione di Giuseppe Russo, editore felicemente anomalo, studioso di filosofia e grande esperto di letteratura, capace di individuare negli autori le cose che contano di più. Ossia non solo la bellezza di una trama, ma anche la letteratura che suona e canta, portatrice di un’inquietudine di pensiero. Ammiro il fatto che Neri Pozza non abbia mai dimenticato la poesia. È dal contatto con la poesia che nascono le grandi rivoluzioni della prosa.

Lei viene proprio dal mondo della poesia e del teatro, che ha portato anche in luoghi insoliti e di grande complessità.

Per anni ho insegnato in una zona tra Miano e Secondigliano, il comprensorio 167 di Napoli tristemente famoso per le Vele, in un istituto tecnico industriale che ho scelto inizialmente solo per una logica di vicinanza alla casa. Eppure lì sono accaduti dei miracoli: ho portato tutta la mia esperienza dell’accademia Silvio D’Amico facendo progetti di teatro. Tre dei miei allievi, oggi, sono attori professionali: non aspettavano altro che potersi esprimere. Talenti naturali grazie ai quali ho trovato risposte inimmaginabili.

Nei suoi libri racconta Napoli, una presenza forte, a tratti dolorosa. Che rapporto ha con la sua città?

È una città strana, incredibile, come spesso succede per le città antiche con grandi stratificazioni nello spazio e nel tempo. Napoli è un luogo che accoglie tante città e tante interpretazioni di essa, con enormi differenze tra un quartiere e l’altro. Io vivo a Capodimonte, e da lì la si vede in lontananza, se ne percepiscono le bellezze e le deformazioni. È una dimensione scissa, tra odio e amore, separazione e unità, che lo scrittore napoletano si porta dentro per tutta la vita. Ma questa scissione è foriera di una ricchezza straordinaria. Per me Napoli è anche una sfida. Quando ne ho parlato nei miei libri volevo demolire ciò che si dice sempre, volevo che nel corpo di Napoli si riuscisse a vedere una parte fantasmatica, spettrale, che per me è molto significativa. Ogni volta che da Capodimonte scendo a piedi attraversando il ventre della città sento vicino a me gli spettri di Napoli, il suo teatro e il suo silenzio secolare.

Cosa intende con l’espressione ‘anime finte’, nel titolo del suo libro?

Si ricorda i versi di Giacomo Leopardi ‘e profondissima quiete io nel pensier mi fingo’? Il narratore ha interpretato la tensione di questi personaggi a cercare, a immaginare il bene attraverso la rimarginazione delle ferite, del degrado, del cosiddetto guasto. Dal fango queste figure si ‘fingono’ di avere l’anima e la realizzazione che non hanno avuto nella realtà. La letteratura indaga nel male di queste esistenze, e fa emergere la capacità di sognare.

S.All.

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