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I PROTAGONISTI Oltre alle imprese l’iniziativa «67 Colonne per l’Arena» è sostenuta dai privati

«Verona era casa mia. E mi sembra giusto scendere in campo»

L’evento Cecilia Gasdia al piano durante la presentazione degli imprenditori che sostengono «67 colonne»Impresa e cultura Giuseppe Tartaglione, ex ad di Volkswagen Group Italia
L’evento Cecilia Gasdia al piano durante la presentazione degli imprenditori che sostengono «67 colonne»Impresa e cultura Giuseppe Tartaglione, ex ad di Volkswagen Group Italia
L’evento Cecilia Gasdia al piano durante la presentazione degli imprenditori che sostengono «67 colonne»Impresa e cultura Giuseppe Tartaglione, ex ad di Volkswagen Group Italia
L’evento Cecilia Gasdia al piano durante la presentazione degli imprenditori che sostengono «67 colonne»Impresa e cultura Giuseppe Tartaglione, ex ad di Volkswagen Group Italia

«L’arte e la cultura? Dobbiamo vederle come un’impresa che produce benefici per la nostra generazione e quelle future. Ecco perché è assolutamente necessario sostenerle. Non si tratta di beneficenza ma di partecipare, come imprese e come privati, a un vero e proprio Rinascimento». Parola di Giuseppe Tartaglione, pugliese di nascita, torinese di studi, cittadino del mondo per carriera, che oggi si fa alfiere della città di Giulietta, la stessa che lo adottò quando, dal 2007 al 2012, fu presidente e ad di Volkswagen Group Italia, con sede proprio in riva all’Adige. Tartaglione è il primo tra gli investitori privati ad aver aderito al progetto «67 colonne per L’Arena», la raccolta fondi promossa da Fondazione Arena, in collaborazione con il Gruppo Athesis, a sostegno dell’anfiteatro e del festival lirico in virtù della sua centralità economica e culturale per Verona ma non solo.

Tartaglione, com’è nata l’intenzione di scendere in campo come sostenitore di questo progetto?

Mi piaceva l’idea di fare qualcosa per questa città, quella dove ho trascorso più notti in tutta la mia vita. Ho letto il progetto steso dalla Fondazione, che all’inizio si rivolgeva alle imprese. «Perché non anche i privati?» – mi sono detto. Così ho chiesto di partecipare. Anche i privati, infatti, hanno una responsabilità sociale e il coinvolgimento in questi progetti è molto, molto gratificante.

In cosa consiste, per lei, questa responsabilità sociale?

Va intesa sia come un senso di appartenenza a un determinato contesto che come un impegno per dare futuro alle nuove generazioni. E per questo, usando una metafora, non basta dare ai giovani la canna da pesca, bisogna anche riempire i fiumi di pesci. Servono fondi con cui possano pagare il “debito buono” e altri fondi che permettano loro la crescita e il passaggio alla generazione successiva. Per ottenerli abbiamo bisogno di progetti definiti e con vari step di controllo, proprio come ha fatto l’Europa con il Recovery Plan.

Verona, con il progetto «67 colonne» di Fondazione Arena, in questo senso potrebbe fare scuola?

Certo, questo progetto in cui privati e imprese partecipano al Rinascimento dell’arte e della cultura, con un adeguato piano a lungo termine, magari un orizzonte temporale di cinque anni come ha fatto l’Europa, e un controllo di avanzamento del progetto rispetto alle opere compiute, potrebbe diventare un modello da esportare in altre realtà e altri luoghi. E non è l’ammontare della raccolta fondi che conta: potrebbe trattarsi di un progetto anche locale, che riguardi una città, persino un piccolo museo di montagna, ovunque ce ne sia bisogno.

Perché dice che sostenere un progetto come questo non è beneficenza?

La beneficenza si fa spesso in silenzio. Qui non bisogna affatto nascondersi, ma creare l’effetto emulazione e stimolare la competizione, come i mecenati di un tempo facevano a gara per assicurarsi gli artisti migliori. La responsabilità sociale dovrebbe essere una sorta di bollino di qualità e di garanzia per chi investe.

E tra i mecenati, dunque, intende anche i privati?

Esatto. Del resto è un investimento per la crescita fatto non solo per l’Arena intesa come monumento, ma per mantenere chi ci lavora, per contribuire a creare una fonte di guadagno per le generazioni future, per la cultura e garantire il piacere di chi arriva persino dall’estero per visitare l’anfiteatro o seguire il festival. Personalmente, sono orgoglioso di aver assistito quest’anno alla ripartenza dei concerti nel segno di Ennio Morricone, che ho conosciuto quando sono stato insignito come lui della Gran Croce dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana: un esempio di operosità ed entusiasmo, un vanto per l’Italia nel mondo.

La cultura ci salverà, si è ripetuto spesso anche in tempi di pandemia…

Investire per la crescita è molto meglio che investire per il consumo. Contribuire a questo Rinascimento vuol dire sognare, far parte di qualcosa per cui posso dire: «C’ero anch’io». Sostenere l’arte e la cultura è un premio, in termini di soddisfazione, davvero impagabile.

Elisa Pasetto

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