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Pidigi

«Un percorso comune con l’Arena. Tutti gli imprenditori hanno condiviso questo grande spirito di appartenenza»

Giorgio De Gara
Giorgio De Gara
Giorgio De Gara
Giorgio De Gara

Settant’anni l’una, cento anni l’altro. Hanno idealmente camminato fianco a fianco per ben quattordici lustri, finché un giorno, i loro percorsi si sono realmente incrociati sulla stessa via, quella di «67 colonne», dove la Pidigi, fondata nel 1953 da Aldo De Gara, ha sposato la causa a sostegno di Opera Festival, la stagione lirica areniana inaugurata appunto nel 1923. Due storie di valore e di valori, ma anche di obiettivi saldi, perseguiti con lo spirito che si addice solo alle imprese più longeve, come osserva Giorgio De Gara, titolare dell’impresa specializzata nella fornitura di materie prime per il settore calzaturiero, della pelletteria e della confezione tecnico-sportiva (con clienti anche brand del lusso come Gucci e Louis Vuitton), che ora raccoglie il testimone dell’amato e compianto padre anche nell’aderire al progetto di Fondazione.

Questa lunga storia, vi ha fatto sentire in qualche modo ancora più vicini alla nostra Arena?
Nel 2023, sia Pidigi che il Festival hanno indubbiamente toccato delle tappe di longevità importanti. Inoltre, penso che con l’ente lirico in generale, abbiamo in comune la storia di realtà che, nel tempo, hanno mantenuto al suo interno una serie di valori e obiettivi di impegno, che anno dopo anno hanno consentito - e tuttora consentono - di proseguire un percorso indipendente dai condizionamenti ambientali. Mi spiego: le crisi economiche e, non ultima, quella pandemica, hanno colpito tanto le aziende quanto la Fondazione, trovatasi dall’oggi al domani nell’impossibilità di andare in scena con le sue produzioni, ma alla fine, chi ha potuto contare su una squadra interna forte e, nel caso di Fondazione, ha avuto un’intuizione come le 67 colonne, è ancora in piedi. Sono pertanto convinto che ciò che porta molte aziende a durare, al di là delle contingenze del momento o della strategicità del comparto in cui operano, sia quella costante osservanza di principi e regole economiche, ma anche etiche, che negli anni permette loro di guadagnare rispetto da parte di tutti, fornitori, dipendenti, clienti, istituti di credito, con cui inevitabilmente si costituiscono rapporti solidi.

E questo vale anche ora che assistiamo a crisi sempre più frequenti e aggressive?
Certamente ora siamo in un contesto dove nel ricorso al credito siamo passati dai tassi zero a tassi del 6-7 per cento, l’inflazione è schizzata al 12, per non parlare del incremento dei costi del gas. Ma occorre tenere la barra dritta e non farci prendere dal panico, perché anche in questo caso siamo difronte a cicli destinati a confluire in nuove ripartenze.

Cosa ha significato per voi aderire alle 67 colonne?
Tante cose. L’Arena costituisce per noi sempre un gradito biglietto da visita per i fornitori e clienti. È un ambito sempre estremamente piacevole da frequentare. Se poi si ha la fortuna di capitare durante la stagione estiva, quando sono in scena gli spettacoli, per un’azienda come la nostra diventa una straordinaria occasione per fidelizzare i clienti e rinsaldare i rapporti di collaborazione.

Quali degli eventi dedicati ai partner l’hanno piacevolmente stupita?
Riguardo agli allestimenti, sicuramente l’Aida di Poda, rappresentata per il Centenario del festival. Una rivisitazione moderna a mio avviso azzeccata, stimolante e originale. Anche chi aveva visto quest'opera per la decima volta, penso abbia avuto l'occasione di assistere a qualcosa di molto diverso. E penso che uno dei segreti di lunga vita di questo teatro, sia proprio la capacità di sapersi rinnovare nel tempo, essere in qualche modo specchio della società. Questo tipo di spettacolo, infatti, riesce ad attrarre anche un pubblico più giovane. E trovo giusto che accanto agli spettatori più affezionati alla tradizione nonché cultori della materia, possano sedere anche persone meno esperte, che probabilmente sentono questo linguaggio più vicino al loro.

Come ha visto crescere il progetto, in questi anni?
Noi abbiamo inizialmente aderito per aiutare l'ente lirico con una donazione, per far sì che l'opera potesse avere delle entrate in un momento difficile, ma fin dai primi incontri dedicati ai partner, ho visto tutti gli imprenditori crescere, condividere un senso di appartenenza ma anche di gratitudine nei confronti di Fondazione per quanto anch’essa stava facendo per noi. Ci siamo tutti sentiti importanti per la nostra città. Un altro impatto positivo? Avere l'occasione di confrontarsi con imprenditori di altri settori, cosa che crea dei momenti interessanti. 

Tornando all’importanza delle radici. Pidigi da dove è partita?
Da mio padre Aldo, che ne è stato il fondatore e fino al mese prima di andarsene (a 95 anni) veniva a fare un giro in azienda. Ho avuto la fortuna di averlo al mio fianco per tutto questo tempo e di conoscerlo, oltre che come padre, come «capo», prima, e collega più di recente. Da lui ho imparato molte più cose sul posto di lavoro, che in altri ritagli di vita. Ciò che mi ha mostrato negli ultimi anni, nonostante le limitazioni fisiche sopravvenute, è questa perseveranza e volontà di porsi sempre nuovi obiettivi e guardare avanti. Insegnamenti che restano per tutta la vita.

Francesca Saglimbeni

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