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I VOLTI E LE STORIE

La sarta, il regista, la ballerina e lo scenografo «Tanti super eroi che lavorano dietro le quinte»

Come un intero paese I rappresentanti dei lavoratori di Fondazione Arena
Come un intero paese I rappresentanti dei lavoratori di Fondazione Arena
Come un intero paese I rappresentanti dei lavoratori di Fondazione Arena
Come un intero paese I rappresentanti dei lavoratori di Fondazione Arena

L’opera è un universo a sè. E in Arena vive e respira grazie ad una programmazione di mesi e mesi. Anche anni. Soprattutto, come nel caso del 2023, se il Festival celebra il suo centenario. Il mondo che ruota attorno alle rappresentazioni è spesso silenzioso, quasi invisibile. Il dietro alle quinte però si può spiegare anche in numeri. In tre mesi, infatti, sul palco più grande del mondo, con i suoi quarantaquattro metri per ventotto, saranno impegnati 1.443 professionisti tra ballerini, musicisti, coro, artisti, comparse si esibiscono per creare uno spettacolo che non ha eguali.

La programmazione
Prima di tutto serve dare una programmazione a tutto il cartellone. «Abbiamo iniziato a pensare a questo centesimo festival», spiega Stefano Trespidi, vice direttore artistico di Fondazione Arena, «ancora nel 2018. Avendo però una base di partenza: la sostenibilità economica. Cecilia Gasdia, allora, ci aveva dato una linea chiarissima ed è stata profetica. Così si è avviata tutta la macchina che ci ha portato fino a questo momento».

Il capitale umano Il potere lo dà ovviamente l’Arena, teatro di duemila anni, riadattato per questo tipo di avvenimento. Ad essa, però, c’è un capitale umano impressionante. Da chi sistema le scenografie dentro all’anfiteatro a chi le smonta e rimonta all’esterno, in Piazza Bra. Luogo per eccellenza dei veronesi, ma anche dei turisti. In questo centenario, solo per dare qualche numero, saranno 144 gli artisti scritturati, 144 i musici dell’orchestra, 162 quelli del coro, 34 voci bianche, 14 maestri collaboratori, 62 ballerini, 64 mimi, 250 comparse, 55 figuranti minori. È questo è «solo» quello che si vede. Dietro, invece, elettricisti, tenici, portastrumenti, addetti alla manutenzione, maschere e staff amministrativo creano un paese tra i gradoni romani. «Super eroi che lavorano dietro le quinte». Senza contare, poi, i costumi, elemento fondamentale per ogni rappresentazione. Silvia Bonetti è la responsabile che dovrà gestire i 5.800 costumi che verranno indossati quest’estate: «Non ci stanno nemmeno tutti in Arena», spiega, «per questo arrivano da noi man mano ed è un lavoro di grande programmazione. Anche perché bisogna gestirli e pulirli». Quella di Bonetti è un’esperienza trentennale: «Col tempo i costumi sono cambiati, adesso, anche grazie alle riprese televisive, c’è ancora più attenzione sul dettaglio».

Le scenografie Il palco del teatro più grande al mondo, oltre all’impatto devastante, necessita anche di un’attenzione maniacale. Giambattista Girelli ha il compito - letteralmente - di tradurre le idee in concretezza, pronto, tutte le mattine, ad allestire le scenografie assieme al gruppo di lavoro di cui è a capo. Ma devono poi essere rimontate, smontate e «parcheggiate» in piazza Bra. Questo è il compito di Max Battistoli che soprintende tutti i passaggi, soprattutto di notte, tra un’opera e l’altra. «Sono arrivato qui come umile facchino di cooperativa e pian piano ho imparato sempre di più. Dalle scenografie di un tempo, per altro, si è passati a quelle più moderne, più tecnologiche. Il nostro compito è di far coesistere le esigenze dello spettacolo con gli spazi della piazza. Ogni notte è diversa da quella successiva». C’è poi un posto dove le scenografie prendono vita, nei laboratori di a Castel d’Azzano, in via Gelmetto. Spazi di cinquemila metri quadrati, i più grandi al mondo a servizio di un teatro. A gestirli, da oltre quarant’anni, Mirco Binotto: «Serve un grande impegno e ci vuole tanta passione. Da noi arriva il materiale e poi iniziamo con il taglio del legno. Partiamo dalle tavole grezze e realizziamo poi tutto quello che si vede sul palco». Binotto, figlio d’arte in questo settore, sarebbe dovuto andare in pensione lo scorso marzo ma ha deciso di proseguire la sua attività ancora per un po’: «Voglio onorare i cento anni del Festival, anche perché in questo modo onoro anche i cento anni di mio padre».

Sul palco Quello che avviene sul palco è magia a due direzioni. Da una parte, ovviamente, ci sono gli spettatori che ammirano esibizioni senza uguali, dall’altra ci sono gli artisti che davanti ai loro occhi si spalanca l’Arena gremita. Sara Airoldi è il primo violoncello dell’orchestra Fondazione Arena: «Ho l’ufficio più bello del mondo», l’esordio con il sorriso. «Il mio lavoro è suonare e creare emozioni insieme ai miei colleghi e questo è un grandissimo privilegio». Lo stesso può dire Elisabetta Di Chiara che ha fatto un viaggio lunghissimo prima di arrivare sotto i riflettori dell’Arena. Palermitana, si è formata al Bolshoi di Mosca: «Quel periodo della mia vita in Russia è stato difficile ma molto formativo. Ballare in Arena è una emozione unica che non dà nessun altro palco al mondo».  

Dietro le quinte Luci, regia: un altro universo nascosto dietro ai gradoni dell’anfiteatro. Filippo Tonon è il responsabile ufficio regia: «C’è sempre un calendario molto fitto. Può succedere anche che si provino addirittura sei titoli al giorno. Con tutto quello che ne consegue». Spettacolo, però, sono anche le luci elemento fondamentale per l’opera. Affidate a Sergio Toffali: «Il mio compito, non facile, è plasmare gli effetti luce per valorizzare le scenografie». •. N. Vin.

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