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«La marcia dell’Aida è un piatto completo. Ricorda il mio wafer»

L’anfiteatro Il progetto delle 67 Colonne coinvolge imprese e privati a sostegno dell’Arena Lo chef Giancarlo Perbellini può vantare sei stelle Michelin
L’anfiteatro Il progetto delle 67 Colonne coinvolge imprese e privati a sostegno dell’Arena Lo chef Giancarlo Perbellini può vantare sei stelle Michelin
L’anfiteatro Il progetto delle 67 Colonne coinvolge imprese e privati a sostegno dell’Arena Lo chef Giancarlo Perbellini può vantare sei stelle Michelin
L’anfiteatro Il progetto delle 67 Colonne coinvolge imprese e privati a sostegno dell’Arena Lo chef Giancarlo Perbellini può vantare sei stelle Michelin

«La Marcia trionfale dell’Aida è come un piatto completo». Il paragone è con il Wafer al sesamo con tartare di branzino, caprino all’erba cipollina e sensazione di liquirizia, il piatto che più di ogni altro rappresenta la sintesi dell’idea di gusto di Giancarlo Perbellini. «Perché come l’Opera, anche i piatti vanno ascoltati. E allora in questo piatto prima arrivano le note della liquirizia, poi il sesamo, il dolce del biscotto, a seguire il caprino e successivamente il branzino. Alla fine torna la liquirizia, persistente: una sensazione che non se n’era in realtà mai andata». Il firmamento dello chef è arrivato a quota sei stelle Michelin. Nessun altro veronese ha mai creato una catena più estesa della sua: Casa Perbellini, pizzeria gourmet Du de Cope, cicchetteria Tapasotto, gastro bistrot Pop up, Locanda 4 Cuochi, Al Capitan della Cittadella, X Dolce Locanda in città, Locanda Perbellini Bistrot in via Moscova a Milano; Locanda Perbellini al Mare a Bovo Marina (Agrigento); Locanda Perbellini al Lago a Garda, dove una volta c'era il ristorante Ai Beati. Le sue radici veronesi restano fortissime. Perbellini ama l’Arena e la sua Opera, su quelle gradinata ci andava fin da ragazzino. Il legame con il simbolo della città e con il territorio è rimasto così stretto da spingerlo a supportare, attraverso la società Cook&Colors, anche l’iniziativa «67 Colonne». Per tutelare e consegnare intatta alle prossime generazioni l’Arena e tutto il patrimonio che rappresenta.

Cosa le è piaciuto di questo progetto?

Sono partito da Verona 33 anni fa: questa città mi ha dato tutto, il palcoscenico di lancio e la consacrazione. Il legame con l’Arena è stretto sotto diversi punti di vista: l’anfiteatro è un simbolo artistico della città, e quello che noi facciamo, nei nostri ristoranti, è pure una forma d’arte. Ho fatto questa scelta assieme ai miei soci perché lo ritengo un atto di civiltà. È anche nostro dovere tutelare l’Arena con le sue maestranze, come patrimonio artistico e come produzione, con la storia e la cultura che veicola, elevandone se possibile la qualità: vorrei che Verona diventasse un polo d’attrazione ancor più di alto livello.

Dice questo perché crede che l’immagine della nostra città andrebbe migliorata?

Viaggiando, mi rendo conto che all’estero Verona è molto conosciuta. Tuttavia il suo nome è legato soprattutto a Giulietta e Romeo: in realtà c’è anche molto altro, noi lo sappiamo ma andrebbe comunicato, andrebbe raccontato meglio. Questa città per il complesso dei beni che possiede, da quelli storici, architettonici a quelli paesaggistici e enogastronomici, non si merita solo il turismo mordi e fuggi. Vorrei invece che si elevasse come qualità, anche nella ricettività. Che il target si alzasse un po’, anche attraverso dialogo tra cultura, imprese e territorio. La qualità è facile da dire, ma difficile da fare: servono idee, tempo, sacrifici, rinunce, ma alla lunga è una strada che dà grandi soddisfazioni.

E qual’è il ruolo di privati e imprese, nella tutela e valorizzazione del nostro patrimonio?

Se guardiamo ancora all’estero, i grandi musei hanno alle spalle fondazioni. Credo che la sinergia tra pubblico e privato possa migliorare ulteriormente il patrimonio della nostra città: abbiamo la fortuna di essere un grande museo a cielo aperto. La strada intrapresa con questa iniziativa spero quindi possa procedere con altri progetti analoghi.

Tutelare l’Arena per le future generazioni è uno degli obiettivi di «67 Colonne». Anche lei nel suo percorso ha lo sguardo perennemente rivolto ai giovani, alle future generazioni di chef imprenditori...

Questi giovani sono diventati negli anni miei soci, con loro abbiamo creato un gruppo che ha voglia di crescere e di mettersi in discussione ogni giorno. A Casa Perbellini la maggior parte dei ragazzi ha meno di 27 anni: investire su di loro, dialogare, confrontarsi con loro mantiene vivi e giovani. Lavorare coi giovani poi mi aiuta a mettermi sempre in discussione: il cambiamento genera un’attualità che altrimenti non ci sarebbe. È una sensibilità che ho dentro e che mi ha portato, ad esempio, a mettermi in gioco con il nuovo programma «X bambini – ricette dello chef Giancarlo Perbellini», in onda da alcune settimane su Food Network, canale della piattaforma Discovery. Nel mio lavoro non c’è solo il piacere di creare nuove suggestioni di gusto, c’è anche il grande amore per la natura e i suoi ingredienti, il rispetto dei ritmi e delle stagioni. Per me questa è una grande sfida, e cerco continuamente di individuare il modo migliore per far passare questi messaggi sia ai più grandi che ai piccoli.

Ha inaugurato ristoranti in tutta Italia: c'è qualcosa a Verona che non ha trovato altrove?

Il senso di appartenenza che caratterizza chi nasce e vive in questa città. Non a caso io ho aperto Casa Perbellini a San Zeno, dove questo legame con la storia, le tradizioni, la cultura è molto forte.

Ha ricordi particolari legati a Verona e all'Arena?

Ho avuto la fortuna di andare più volte da piccolo ad assistere all’Opera. Mio padre, melomane, ha iniziato a portarmi quando avevo undici anni: ricordo che mi raccontava quando in Arena arrivavano gli elefanti, che erano parte integrante delle scenografie: io al massimo sono riuscito a vedere i cavalli. Forse quegli anni hanno influenzato un mio periodo melodico in cui suonavo il pianoforte. Poi però la passione per la cucina ha avuto la meglio.

Negli ultimi anni il supporto di sua moglie Silvia è stato fondamentale per proseguire il suo percorso evolutivo. Che valore aggiunto in più è stato averla al suo fianco?

Silvia è il 51 per cento di me. Negli ultimi sette anni ho realizzato cose mai fatte nei precedenti 25 di professione. Più di una volta mi ha dato la spinta, come con l’apertura dell’ultima Locanda Perbellini sul lago di Garda. È tanto di me: ci confrontiamo, discutiamo, ma il punto di accordo lo troviamo ed è sempre una crescita. È un occhio esterno che mi aiuta nella percezione delle cose, perché quando ci sei dentro fai più fatica a valutarle. •.

Francesca Lorandi

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