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A TU PER TU Il direttore De Cesaris e le strategie future. «Già 500mila follower sui social»

«La lirica sia meno chiusa. Serve un pubblico nuovo»

In prima fila Gianfranco De Cesaris, direttore generale di Fondazione Arena
In prima fila Gianfranco De Cesaris, direttore generale di Fondazione Arena
In prima fila Gianfranco De Cesaris, direttore generale di Fondazione Arena
In prima fila Gianfranco De Cesaris, direttore generale di Fondazione Arena

«Il mondo della lirica? Finora è stato troppo autoreferenziale: oggi occorre aprirsi al mondo che cambia con un approccio contemporaneo, senza far venir meno quello che è il nostro Dna». È il direttore generale Gianfranco De Cesaris a tratteggiare la strategia della Fondazione Arena 2.0. Una Fondazione «che in passato ha vissuto numerose traversie, che hanno portato l’Arena ad essere messa addirittura in liquidazione», ma che ora punta sulla discontinuità con il passato per garantire il futuro: «Negli ultimi anni abbiamo recuperato qualità nella componente artistica grazie alla sovrintendente Cecilia Gasdia e nel 2018 e 2019 abbiamo guadagnato tre milioni di euro l’anno, quando prima se ne perdevano. La pandemia, purtroppo, ha colpito al cuore lo spettacolo dal vivo. Ma manteniamo una sana gestione e siamo prontissimi a ripartire». La strategia, dunque, c’è. I pilastri su cui dovrà poggiare, pure. Nel prossimo futuro, anzi, saranno 67: «colonne virtuali» che De Cesaris si augura di poter costruire a sostegno dell’Arena - proprio in virtù del suo ruolo centrale nella cultura e nell’economia del territorio - grazie all’aiuto di altrettanti privati e aziende nel progetto «67 colonne per l’Arena», lanciato in collaborazione con Athesis.

Direttore, sostenere l’Arena, quindi, significa sostenere di fatto tutta la città?

Esattamente. L’Arena genera un indotto di quasi 600 milioni di euro l’anno, oltre l’1,5 per cento del Pil scaligero. E poi siamo una “macchina” straordinaria che dà lavoro tutto l’anno a 200 persone, cui si aggiungono 1.250 lavoratori stagionali. Con questo progetto, inoltre, vorremmo iniziare un cammino a fianco di veri e propri mecenati, persone che gestiscono imprese che già portano il nome di Verona e dell’Italia con successo nel mondo, con cui poter condividere ottimi spunti per il futuro. L’idea è infatti di dare il via a una membership che si rinnovi di anno in anno.

Per dialogare con le aziende occorre “parlare la stessa lingua”. La Fondazione è pronta a questo approccio in un certo senso più manageriale?

Siamo un’azienda a tutto tondo, consapevole che per assicurare il futuro a Verona, alla lirica, al teatro occorre che questa attività sia economicamente sostenibile. Lo stiamo facendo, garantendo nello stesso tempo la qualità artistica e l’attenzione ai costi. Lo dimostra il nostro bilancio, che anche nel 2020 è stato in attivo, nonostante a causa della pandemia non sia confrontabile con quello dell’anno precedente: siamo passati da 27 milioni di euro di incassi da vendita biglietti a 1,2 milioni.

Questo progetto di fundraising si basa sull’art bonus: uno strumento realmente decollato?

La legge, di stampo anglosassone, è un meccanismo virtuoso che consente di ottenere un credito d’imposta nei tre anni successivi alla donazione. Ma va raccontato e spiegato. Grazie a un progetto credibile come il nostro, che sta favorendo la sua divulgazione, ha suscitato davvero reazioni entusiastiche anche tra i molti che ancora ne ignoravano l’esistenza. La risposta, finora, è sopra le aspettative: siamo già a qualche centinaio di migliaia di euro di raccolta, verosimilmente supereremo il milione di euro entro l’inizio del prossimo festival.

Il progetto «67 colonne per L’Arena» segna anche un cambio di passo per quanto riguarda la vostra comunicazione?

Sì, sarà l’occasione per raccontare storie di persone ed imprenditori che, attraverso il loro illuminato apporto, hanno contribuito a fare l’Italia grande nel mondo. Siamo una super potenza per arte e cultura, ma siamo meno bravi nel proporre i nostri tesori. È il momento di essere sempre più professionali per intercettare nuovo pubblico. Quale? I turisti stranieri: il nostro Pil ne ha bisogno, la Fondazione anche. E poi i giovani. Le nostre nuove strategie di marketing puntano molto sui social network e ci stanno ripagando: abbiamo 500mila follower tra Facebook, Instagram e Twitter e siamo la prima Fondazione in Italia e la quarta nel mondo per like, follower, interazioni e commenti.

Fedez ha raccolto quattro milioni di euro per i lavoratori dello spettacolo e dopo un tour con la compagna di Chiara Ferragni agli Uffizi sono cresciuti i visitatori under 25 nella Galleria. Mai pensato di associare la Fondazione a uno di questi nuovi “opinion leader”?

Il mondo della lirica ha una serie di riti da rispettare, ma questo approccio social va sicuramente proseguito e implementato. Con il giusto equilibrio, ci possiamo ragionare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Elisa Pasetto

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