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L’INTERVISTA

L’Arena, i giovani l’impresa. «Cultura ponte per il futuro»

Gian Luca Rana e Sandro Veronesi: «Il valore straordinario delle professioni e la genialità dell'artigiano». «Dall'opera all'arte, l'impegno per accorciare le distanze, non solo generazionali». «La bellezza ci rende unici»


«È inutile stabilire se Zenobia sia da classificare tra le città felici o tra quelle infelici - si interrogava Italo Calvino ne Le città invisibili -. Non è in queste due specie che ha senso dividere le città, ma in altre due: quelle che continuano attraverso gli anni e le mutazioni a dare forma ai desideri e quelle in cui i desideri o riescono a cancellare una città o ne sono cancellati». Se Verona è riuscita a dare forma comunitaria a una grande ambizione inclusiva, nel virtuoso connubio tra privato e pubblico, le 67 colonne, che oggi sorreggono il centesimo festival areniano, sono la dimostrazione visibile che è possibile. E ha la concretezza e i volti del genio italiano, «la nostra umanità che conquista il mondo», il combinato delle eccellenze che coniuga il talento artigiano, la manualità del saper fare, le arti e i saperi. Imprese e patrimonio artistico. Oltre lo spettacolo della musica. Dove l’autobiografia culturale di un territorio, di una città, di un Paese, è la sua stratificazione più popolare nell’eccellenza. Il progetto, nato nel 2021, ha reso esponenziale l’algoritmo dell’appartenenza collettiva intorno a un valore comune. Un percorso trainato dallo slancio dei suoi fondatori e ambasciatori, Gian Luca Rana, ceo del Pastificio Rana, e Sandro Veronesi, presidente del Gruppo Calzedonia.

«Il grande trionfo dell'Aida davanti a una folla cosmopolita». Titolava così il giornale L’Arena l’articolo che recensiva la prima delle prime, l’opera con cui, il 10 agosto del 1913, nasceva l’epopea del festival areniano, di cui quest’anno festeggiamo la centesima edizione. Un fatto, come scrivevamo allora, che portava, nel suo evento storico e culturale l’Arena, Verona, sotto gli occhi del mondo. Quanto questo traguardo conferma il valore culturale internazionale di un unicum?
RANA

L’Arena ha sempre avuto grande attrattiva e una dimensione di livello mondiale, ma l’edizione di quest’anno è fondamentale nella sua amplificazione. Un crocevia, un punto di svolta che si lascia alle spalle anni di difficoltà, come quelle attraversate con il Covid, che ha imposto condizioni davvero disastrose. Quest’anno si preannuncia un grande parterre, che non solo conferma, ma rende esponenziale questo luogo come punto di destinazione. Grazie anche a una attività di marketing che è uscita dai confini nazionali, toccando continenti diversi. Quando sono negli Stati Uniti una delle richieste che fanno i clienti che vogliono venire a trovarci poi a Verona è quella di andare in Arena. Dieci anni fa non accadeva. Significa che è stato fatto un ottimo lavoro. Per noi è importante sapere che non è un gioco solamente locale o nazionale, ma sta diventando una articolazione di ampio respiro.

VERONESI
Aggiungo un altro punto vista, che conferma l’efficacia della modalità con cui si è allargata la portata dei riflettori sul nostro anfiteatro. In passato l’Arena è stata snobbata dai puristi dell’opera. Veniva guardata un po’ di traverso. A questo, poi, si aggiunga anche che c’è stato un periodo di seguito decrescente, in generale, verso l’opera lirica. Ecco, secondo me, il lavoro che è stato fatto soprattutto negli ultimi anni è stato quello di raccontarla, di narrarla in tutta la sua bellezza, l'incanto e la suggestione, in modo nettamente più ampio e trasversale. È stata anche promossa di più e a più livelli con un ottimo lavoro di comunicazione. È stata più aperta. Questo ha avuto come conseguenza evidente un allargamento del pubblico che si è così interessato all’opera, si è interessato a vedere qualcosa di diverso rispetto ad altri tipi di spettacoli. O ai concerti. Si è elevato il potenziale così come, del resto, il livello di qualità intrinseco dell’opera in sé.

L’Arena, il suo festival, la lirica, in che modo rappresentano un passaporto culturale per il mondo? In quali aspetti possono rappresentare il talento italiano?
RANA

L’Arena mette insieme un valore fondamentale che forse appare meno visibile in superficie, e sono le professioni. Ci sono più di 1.400 persone che ruotano attorno a questo universo e lavorano nel mondo musicale, fanno scenografie, e mettono a terra quel portato di cui noi siamo fieramente figli. Il nostro vantaggio competitivo nel mondo è il fatto di essere cresciuti partendo dalla bottega dell’artigiano, lì dove abbiamo imparato tutto. Molte delle nostre imprese derivano dalla cultura della bottega. Essere italiani e fare imprese nel mondo vuol dire non avere una “job description” classica. Siamo aperti non solo ad apprendere come ci hanno abituati da piccoli, ma abbiamo anche una concezione della vita e del lavoro di grande applicazione e coinvolgimento senza avere dei distinguo. Queste 1.400 persone non fanno altro che portare avanti questo valore, è una visione d’impresa.  

VERONESI Sono tanti i punti di forza della nostra città e del nostro territorio. Bisogna anche osservare che Verona, nel perimetro del turismo di massa, è conosciuta soprattutto per il mito di Romeo e Giulietta, prima che per l'effetto Arena. All’estero tutti conoscono Roma e il Colosseo, fanno più fatica invece a collocare geograficamente il nostro anfiteatro. Penso che il compito di chi lavora in questo ambiente sia di farlo valorizzare, farlo scoprire sempre di più. Per il potenziale enorme che ha e per il ritorno, ma lo stiamo vedendo proprio adesso, che esso può avere. Auspichiamo, parlo da imprenditore, che un ente lirico non sia un ente, ma sia gestito come una vera e propria azienda. La managerialità e la cultura imprenditoriale devono essere centrali se si parla della gestione dell’Arena. E che non sia un mero parcheggio per politici. L’Arena crea anche dei posti di lavoro? Speriamo che crei soprattutto dei lavori, non dei posti di lavoro alla "quo vado". E qui la differenza è importante.

C’è un indotto culturale, e di posti di lavoro, ma c’è anche un altro indotto ed è quello turistico. Il cosiddetto BIL, la bellezza interna lorda. Da quando voi avete iniziato, nel 2021, come avete percepito la ripresa di questa attrattività di Verona?
VERONESI Si torna, e non potrebbe essere altrimenti, a parlare di quanto è successo in relazione alla pandemia. Tutti noi abbiamo vissuto un periodo lontano dell’essere normale negli ultimi tre anni. Però anche da qui si possono trarre delle nuove opportunità: esserne usciti più forti di prima è sicuramente un grande risultato che rafforza. Il turismo, dopo una flessione purtroppo inevitabile, è tornato a livelli molto alti. Addirittura, in questo momento storico sta vivendo un boom. Quello che mi chiedo è se continuerà a questi livelli, ma soprattutto se verrà effettivamente consolidato anche nel prossimo futuro. Per questo serve puntare su un turismo che non sia solo mordi e fuggi, che non sia solamente di persone che vengono in città per qualche ora o una giornata e poi se ne vanno. Bisogna puntare a far conoscere di più le nostre bellezze, il nostro patrimonio storico, artistico e ambientale diffuso, quello che il Veronese può offrire per garantire una permanenza sul territorio che diventi un vero valore aggiunto. È la sfida a cui dobbiamo puntare adesso. Per alzare il coefficiente di attrattività, e renderlo più stabile e solido.

RANA Il vero valore dell’Arena non è calcolabile. Una volta aveva un target di persone abbastanza elevato, oggi bisogna rendere l’Arena più fruibile a tutti, anche ad altri target di riferimento, l’essere anche più inclusivi sotto il punto di vista della comprensione è necessario. La parola «melomane» a volte rende la lirica volutamente capace di allontanare. Invece essa nasce per avvicinare la gente all’arte, alla musica. È importante farla ritornare all’interno del mondo popolare, farla aprire e renderla più attuale. Ho suggerito più volte di promuovere un’opera pensata per i giovani, trasformare la scenografia, pur mantenendo la classicità dell’espressione. E le cose mi pare che si stiano muovendo e non solo dal punto di vista economico. Il tutto, frutto anche di una attività di marketing da parte di Fondazione Arena che sta portando risultati importanti. Noi non abbiamo sponsorizzato l’azienda, ma la cultura, la città, l’evento, la possibilità che Verona ha di stare nel mondo. Questo è un grande ritorno di immagine per le aziende come le nostre che sono nel mondo e che guardano la propria città come un esempio e un luogo di destinazione.

Questo traguardo che vale cento, ha diverse ricadute non solo su Verona, ma anche sulla promozione universale di un patrimonio culturale, la lirica, candidata a diventare patrimonio dell'Unesco. Voi, che siete imprenditori che amano il loro territorio e hanno ampliato la propria impresa oltre i confini, in che modo vi riconoscete in questa visione che abbraccia il mondo?
VERONESI
Noi siamo molto aperti al mondo, sotto tutti i punti di vista. Basti solo pensare che nel nostro gruppo sono presenti oltre centodieci nazionalità. Questo dà un po’ l’idea di come siamo, concretamente: un’azienda internazionale e dagli orizzonti internazionali. Ma oltre a questo, va aggiunta una specificità, un valore speciale. L’essere radicati in un posto che è meraviglia, come lo è il nostro, è sempre un punto che rende unici. Sotto tanti punti d’osservazione. Ci portiamo dietro un grosso bagaglio di bellezza estetica, di cultura, di paesaggio. Lo conserviamo dentro quasi senza saperlo, è come se capitasse di darlo per scontato. E questo, a volte, accade anche per l’Arena. Sembra un patrimonio così naturale che ci sembra quasi normale. Ma non lo è. È stupore ogni volta.

RANA Conviviamo nella stessa condizione io e Veronesi. Siamo figli di questa terra, ma viviamo nel mondo. Dico solo un paradosso: quando sono negli Stati Uniti e vado nel Minnesota trovo attrazioni turistiche che sono assolutamente meno interessanti di qualsiasi altra cosa in Italia, ma le vendono e valorizzano in maniera straordinaria. La nostra sfida, quando abbiamo iniziato, era di aprire un nuovo capitolo che riuscisse a far andare l’opera lirica, l’Arena di Verona, oltre al nostro patrimonio storicamente naturale. Se si riesce a mettere all’interno di un valore un moltiplicatore come la capacità di fare impresa nasce qualcosa di importante. Essere cittadini del mondo con l’Arena nelle mani è un vantaggio competitivo straordinario.

L’impresa ha un ruolo chiave per la valorizzazione del patrimonio della propria città. Nel 2021 avete deciso come fondatori di far partire questo progetto. Con quale nuovo spirito oggi?
RANA
La cosa che ci fa più piacere è la soddisfazione di sentire che un’azienda va bene, l’abbiamo nel sangue. Un’azienda va bene quando riesce a creare profitto producendo opportunità per le persone che lo generano. È straordinario che questo sia avvenuto. Con questa idea di successo abbiamo avuto la possibilità di lanciare una via nuova e credo che non se ne possa più fare a meno. Dico sempre che il futuro è di chi l’ha cominciato, perché serve qualcuno che inizi. Abbiamo rischiato? Certo. Poteva anche andare diversamente, sarebbe potuto succedere che i nostri colleghi non se la sentissero di partecipare a questo progetto, ma adesso abbiamo la lista d’attesa. In una città che potrebbe avere delle invidie, dei campanilismi vediamo invece che la risposta che c’è stata è di aggregarsi per realizzare qualcosa che è alla base dell’impresa: il valore, il successo e le prospettive dati da persone attorno a una città. Penso sia questo il motivo per cui siamo qui.

VERONESI Per comprendere cosa sia in senso vasto la ricchezza di un territorio, ci sono tanti aspetti da tenere in conto, da pesare. Non molte persone si rendono conto che il valore non è solamente legato alla storia o alla posizione geografia di una città o di un'area. Questo è fortemente caratterizzato anche dalla presenza di imprese nel tessuto di quel territorio. Il fatto che aziende come le nostre vogliano dimostrarlo anche sostenendo attività culturali è sicuramente un valore aggiunto. Tutto ciò deve avere anche un altro risvolto, altrettanto importante. Perché è un valore che deve seguire in modo reciproco il senso virtuoso del percorso. Deve servire anche per far ricordare alle persone di essere accoglienti con le aziende presenti sul territorio. Questa, purtroppo, non è una cosa che succede sempre.

Valorizzare la cultura non solo dà valore alla comunità ma è anche un ponte per il futuro..
RANA
Dobbiamo saper parlare con i giovani e lo dobbiamo fare anche attraverso i social pure se si tratta di lirica. Oggi lo si sta facendo, ma ci sono tante altre attività. Con la famiglia Carlon, alla Casa museo Maffei, abbiamo donato, offrendo dei biglietti, alle scuole la possibilità di vedere il museo. È un modo fantastico ma semplice di far conoscere la nostra storia e avvicinare i giovani. E ciò che stiamo registrando ci dà grande fiducia: c’è un’adesione grandissima a questa iniziativa. Che è un valore di conoscenza straordinario. Per sapere dove andare serve capire da dove veniamo.

VERONESI È fondamentale trovare il modo di riavvicinare i giovani alla lirica, è un traguardo importante. In questa visione, il racconto, la narrazione già avvicinano le persone. Promuoverle, anche sui social e sui mezzi di comunicazione più moderni, è un grande lavoro che può accorciare le distanze. Non solo generazionali. Perché così si può costruire un approccio più popolare, non solo elitario al mondo della lirica. Detto questo, la sfida cruciale per noi imprenditori è avvicinare i giovani al mondo del lavoro. In Europa il Paese con la quota più alta di Neet, persone che non studiano e non lavorano, ce l’ha l’Italia. Quando eravamo giovani noi non ci siamo mai posti il problema se lavorare o no perché ci sembrava una cosa del tutto naturale. Se non si inizia al momento giusto poi diventa sempre più difficile. Non solo perché rappresenta una fonte di reddito. Iniziare una professione significa conoscere persone, fare esperienze, sentirsi utile non solo per se stessi ma per la comunità. Il mondo del lavoro è bello, costruttivo e motivante.

Un’impresa di successo è talento ma anche capacità di creare meraviglia. Anche qui, in una soglia storica del Festival areniano, si tratta di dare meraviglia a qualcosa apparentemente scontato dopo cento edizioni. Qual è stata, nella vostra professione, la prima volta più importante?
VERONESI
È una domanda difficile a cui dare una risposta perché di soddisfazioni ne abbiamo avute davvero tante in questi anni. Abbiamo fatto molte cose, l’emozione più grande, forse, è stata per me l’apertura del primo negozio.

RANA La prima volta che un cliente estero mi ha detto che gli interessava un nostro prodotto perché dietro c’era un pezzo di Italia. Quello ha rappresentato il punto di svolta. Perché significa che abbiamo trasferito dei valori che sono stati compresi fuori da casa nostra. Tutto deriva dalla nostra cultura. •.

Massimo Mamoli

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