L’INIZIATIVA

«L’Arena e la lirica fanno parte di noi. E quanti ricordi...»

Spettacolo unico Una delle rappresentazioni di Aida in questa nuova edizione del festival areniano

Il privato, se opportunamente coinvolto dal pubblico, ha il dovere morale di restituire al territorio. Ne è convinta Elisabetta Gaspari, direttore generale della Windtex Vagotex che con la sua famiglia – la sorella Donatella e il padre Giuseppe, fondatore dell’azienda – non ci ha pensato due volte a supportare l’Arena e la sua produzione attraverso l’iniziativa «67 Colonne», promossa dalla Fondazione in collaborazione con il Gruppo Athesis.

Perché avete deciso di supportare questo progetto?
Appena ci è stato proposto, abbiamo aderito immediatamente: per tutti i veronesi l’Arena come «luogo» da amare e la stagione lirica sono parte integrante della vita, come non aiutare entrambe quando c’è bisogno? L’iniziativa ci è piaciuta per l’accessibilità e per il coinvolgimento e l’entusiasmo di tutte le persone che se ne sono occupate. Inoltre la serata dedicata al progetto «67 Colonne» è stata molto bella e spontanea e la «prima» con il maestro Riccardo Muti sul palco davvero emozionante, dopo tanto tempo tornare in Arena ha portato alla luce ricordi ed emozioni…

Ad esempio?
Avevo circa otto anni e la mia nonnina, che purtroppo è mancata di recente, mi aveva regalato un abito di seta a fiorellini con una coroncina abbinata, sembravo una principessa. C’era «Il lago dei Cigni», non dimenticherò mai l’emozione delle candeline quando si spegnevano le luci e la meravigliosa coreografia. Da allora non sono mai mancata almeno una volta a stagione.

Crede che sostenere il patrimonio artistico e culturale del territorio rientri tra i "compiti" di chi fa impresa?
Io ho vissuto quattro anni negli Stati Uniti e ho sempre ammirato il loro sistema che permette di detassare gli utili investiti in cultura: là ci sono ospedali, biblioteche, dipartimenti di università e collezioni nei musei donate da aziende o da privati. Il privato se opportunamente coinvolto dal pubblico, ha il dovere morale di restituire al territorio, ovvio che l'incentivo fiscale porta ancora più interesse e fondi.

Voi avete deciso di impegnarvi anche in prima linea.
Da anni supportiamo la Gaspari Foundation, presieduta dai miei genitori, che si occupa di musica, giovani e beneficenza, realizzando spettacoli originali che coniugano l’esperienza di grandi artisti all’entusiasmo dei ragazzi che trovano così un momento per mettere in luce le loro qualità. La fondazione promuove anche un premio annuale per giovani talenti artistici.

Windtex Vagotex è presente anche nei mercati stranieri: quando andate all'estero avete l'impressione che Verona sia nota, conosciuta, apprezzata?
Siamo presenti in molti Paesi del mondo e appena si dice «Verona» si scatena l’entusiasmo: sono poche le persone che non conoscono la nostra splendida città, e non solo per l’impagabile marketing shakespeariano, ma anche per Vinitaly, Fieracavalli e tanto altro che il nostro territorio offre, dal lago di Garda ai monti Lessini. Verona viene ritenuta una città molto accogliente, piena di bellezza e viva culturalmente. Clienti e fornitori stranieri vengono a trovarci spesso e noi facciamo il possibile per far godere loro di tutte le bellezze che la nostra provincia offre.

Andrebbe valorizzata di più?
Non credo che ce ne sia bisogno, anche se la tendenza del turista è di concentrare le visite solo nella cosiddetta Ztl, tralasciando altre aree della città che a mio parere sono meravigliose. Il mio sogno sarebbe che Corso Porta Nuova, entrata della nostra città, diventasse una sorta di Champs Elysées, soprattutto alla luce del restauro della Porta che ora è davvero splendida: come sarebbe bello se almeno la parte più prossima all’orologio fosse tutta pedonale.

Essere nati e cresciuti in questo territorio è un valore aggiunto?
All’inizio della nostra attività nel 1980 certamente sì, Verona era un polo manifatturiero molto importante della calzatura e dell'abbigliamento. Ora purtroppo i tempi sono molto cambiati e i nostri clienti di allora hanno chiuso o hanno delocalizzato. La nostra sfida è stata quella di sopperire con l’offerta di un prodotto innovativo e ad alto contenuto tecnico. Il tessile oggi nella provincia di Verona è un settore residuale, di scarso interesse anche per le associazioni di categoria, diversamente da quanto accade in altre provincie come Biella, Como, Varese o Prato, nelle quali è rimasta una forte presenza di manifatturiero. A volte ci sentiamo un po' soli, ma la nostra patria è il mondo e per fortuna Verona è ben collegata e facile da raggiungere. L'iniziativa «67 Colonne» non è certo la prima che vi vede coinvolti in prima linea per il territorio e la comunità.

Nei primi mesi della pandemia avete riorganizzato l'azienda per far fronte all'emergenza e rispondere all'urgente necessità di mascherine...
Nel momento stesso nel quale abbiamo capito che la nostra azienda poteva restare aperta grazie al codice Ateco, ci siamo mossi per capire come renderci utili, visto che tutti i nostri clienti erano stati costretti a chiudere. La sinergia e la sintonia subito trovate con due grandi realtà italiane, il gruppo Intimissimi e il gruppo Armani, ci hanno permesso di fornire i materiali idonei prima alla produzione di mascherine e poi alla produzione di camici protettivi area Covid. La generosità di Veronesi e di Armani non solo hanno permesso a molti ospedali di avere materiali necessari alla protezione dei medici gratuitamente e in tempi brevissimi, ma hanno tenute vive molte piccole aziende come la nostra. Peccato che il nostro governo non abbia ritenuto di mantenere attive queste filiere nazionali: di certo avremmo avuto molti meno cassaintegrati e il settore tessile avrebbe sofferto meno di quanto stia soffrendo ora.

Alla luce anche di questa vostra esperienza, dall'emergenza Covid crede che il Paese ne sia uscito migliore?
Durante il primo lockdown ho visto emergere il meglio del nostro Paese. Si lavorava con l’entusiasmo di fare qualcosa di utile e si respirava una forte voglia di riscatto: in un mese abbiamo colmato un gap di decenni sulla produzione di dispositivi di protezione individuale. Purtroppo nella seconda fase gli speculatori l’hanno fatta da padrone e l’importazione da Paesi a basso costo è ripresa furiosamente permettendo a pochi di avere utili spaventosi con pochissime ricadute sull’occupazione. In Italia scarseggia l’attenzione sul lavoro, sulla formazione tecnica dei giovani e sul manifatturiero, che è l’unica risposta all’aumento di disoccupati.•.

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