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Hotel Bologna

«L’Arena e l’opera fanno parte di noi. Del Monaco passeggiava sul Liston prima di salire nelle nostre stanze»

Arte e business. Le scene di Aida sulla giacca di Biagio Leo
Arte e business. Le scene di Aida sulla giacca di Biagio Leo
Arte e business. Le scene di Aida sulla giacca di Biagio Leo
Arte e business. Le scene di Aida sulla giacca di Biagio Leo

Per le sue stanze affacciate sulla Bra e le tavole imbandite sono passati tenori del calibro di Mario Del Monaco e Giuseppe Di Stefano, ma anche grandi étoile della danza e la stessa soprano Cecilia Gasdia, oggi sovrintendente di Fondazione Arena. In questo tratto di strada ultra cinquantenario compiuto fianco a fianco vuoi dell’ente lirico, vuoi dei suoi illustri ospiti, si può pertanto dire che Biagio Leo, titolare dello storico Hotel Bologna, abbia visto scorrere davanti ai suoi occhi uno dei pezzi più importanti non solo della storia areniana ma anche della città scaligera. «Far parte delle 67 colonne è un orgoglio, per uno come me che vive all’ombra dell’Arena da oltre cinquant’anni», ribadisce Leo, presente tra le fila del progetto voluto dalla fondazione lirica in collaborazione con Gruppo Athesis, fin dalla prima edizione. «Riconoscendo la grandezza del monumento – aggiunge l’imprenditore – così come quella delle opere che girando il mondo promuovono al contempo la nostra meravigliosa Verona, contribuire alle sinergie create da questa iniziativa mi è venuto spontaneo. Non ho avuto bisogno di alcuna opera di convincimento».

E ora cosa si aspetta?
Mi aspetto una sempre maggiore partecipazione, ciascuno per quanto sentirà di fare, perché dietro alle strutture ricettizie, i ristoranti, i negozi, che la macchina dell’Arena direttamente o indirettamente muove ci sono altresì tante persone che cooperano per il benessere del territorio.

È un’esperienza che consiglierebbe a tutti, quella di diventare una «colonna»?
Io personalmente ho proprio provato piacere a sentirmi prezioso per questa città, cui ho dato ma che pure mi ha dato molto. E anche i nostri ospiti si sono accorti del valore dell’iniziativa. Quando scendono a fare colazione ci fanno molti complimenti per aver aderito a un progetto che ha permesso di fare emergere anche altri aspetti del nostro gioiello cittadino.

Come ha visto cambiare, se qualcosa è cambiato, in tutti questi anni, la stagione lirica?
La stagione in sé ha sempre molto successo. Ciò che forse salta all’occhio è più un cambiamento di costume. Nel senso che il pubblico è andato via via verso una maggiore informalità, cosa che da un lato ci fa ricordare con nostalgia i tempi degli abiti lunghi e degli smoking, dall’altro contribuisce a rendere questo luogo indubbiamente più accessibile a tutti. Con riguardo ai partecipanti, invece, possiamo dire nella nostra struttura alloggiano sempre persone molto esperte di opera, veri e propri melomani, che addirittura prenotano le quattro serate dell’anno successivo il giorno stesso del loro arrivo a Verona.

Ci sono artisti che le hanno lasciato un segno più di altri?
Sì, le immagini che distanza di così tanto tempo conservo più nel cuore sono le lunghe passeggiate di Mario Del Monaco sul Liston, avvolto nella sua sciarpa di seta bianca. Un uomo di bella presenza e un tenore eccezionale. Ma anche l’incontro con Di Stefano, che usufruiva del nostro servizio ristorante. Più recentemente ho invece avuto modo di conoscere e apprezzare da vicino la semplicità e l’umanità di un ballerino quale Roberto Bolle. Inoltre ricordo con certo piacere quando l’uffici stampa dell’allora Ente Lirico, dopo gli spettacoli organizzava le cene nel nostro hotel. Era come se la festa continuasse anche fuori dal palcoscenico.

Pensa che le «67 colonne per l’Arena» abbiano in qualche modo innescato una nuova idea del fare comunità?
Certamente. Credo che la sua capacità di generare benessere non solo sul piano economico ma anche umano, stia creando una ricaduta positiva su tutta la comunità. Per non parlare del beneficio ricevuto dai nostri prodotti, perché chi viene qui, da tutto il mondo, per l’Arena, inevitabilmente viene poi a conoscenza dei suoi pregiati vini, degli oli del Garda, del suo made in Verona insomma. A sua volta, l’Arena diventata dunque un volano di promozione delle nostre eccellenze a tutto tondo. Per questo ribadisco che tutti dovrebbero sentirsi più vicini a quanti permettono al grande spettacolo dell’Arena di andare ancora in scena. Chi entra in Arena, che lo faccia dal cancello numero 1 o da un arcovolo più alto, vive un’emozione unica. La moltitudine delle persone che noi incontriamo, con la loro predisposizione all’evento che sta per svolgersi, è toccante. Tanti ospiti ci dicono addirittura di aver pianto. E con questo le ho detto tutto. 

Le sue opere preferite? Le è piaciuta la Aida proposta nel 2023, in occasione del Centenario del festival?
Io amo molto Turandot di Puccini. Ma sono molto affezionato anche a Cavalleria rusticana di Mascagni, purtroppo messa in scena raramente per l’impegnativo allestimento con i cavalli, e poi Carmen e Aida, che con il suo trionfo, nel secondo atto, crea sempre un momento indimenticabile in ciascun tipo di spettatore. Personalmente, pur comprendendo la necessità di innovare, del colosso verdiano apprezzo maggiormente le scenografie tradizionali, con i costumi del tempo e l’ambientazione originale, nell’Egitto di un tempo. E questo ci è sembrato rimanere il gusto anche di molti dei nostri ospiti.

Francesca Saglimbeni

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