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Natale Callipari

«Idea affascinante e coinvolgente. Così imprenditori e professionisti diventano ambasciatori dell’Arena»

È passato quasi mezzo secolo da quando, insieme ai tre fratelli, l’avvocato Natale Callipari - altresì autore di molti saggi forensi in materia di responsabilità medica, trasporti, franchising, e mercato immobiliare – lasciava la sua amata terra d’Aspromonte per raggiungere Verona, alla ricerca di quel successo che dopo i brillanti studi compiuti presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Padova e al forte spirito imprenditoriale, non ha tardato ad arrivare. E ora, il fondatore dello Studio legale Callipari - con sede in Corte Pancaldo, ma attivo su tutto il territorio nazionale sia nella consulenza legale multisettoriale sia nell’assistenza giudiziaria a privati e imprese - intende condividere con la sua città d’adozione i traguardi raggiunti, restituendo parte di quanto ricevuto attraverso la felice occasione delle «67 Colonne per l’Arena» voluto da Fondazione e realizzato in collaborazione con il Gruppo editoriale Athesis. Un debutto con i fiocchi, a giudicare dall’entusiasmo espresso dal nuovo sostenitore del progetto.

Che cosa l’ha convinta a unirsi agli altri partner del progetto?
La formula nel suo complesso. Dall’intuizione di inserirla nella regolamentazione dell’Art Bonus, che in base al valore dell’esborso consente un’agevolazione fiscale, al modello messo in piedi dalla collaborazione tra Fondazione Arena e il gruppo editoriale Athesis, che ha il merito di aver previsto per tutti i partecipanti alla membership un pacchetto di benefici immediati, come la disponibilità di un certo numero di biglietti da donare ad amici, familiari, colleghi. Un’idea davvero intelligente, perché a nostra volta ci ha resi ambasciatori della mission su cui si fonda il progetto “67 Colonne” presso altri professionisti e aziende, o semplicemente presso persone che magari non avevano ancora avuto l’occasione di vedere un’opera lirica nella nostra splendida Arena.

Che cos’altro l’ha colpita?
Il merito di aver riservato a tutti lo stesso trattamento. Nel senso che la Fondazione Arena ha permesso ad ognuno di noi di avere un posto in prima fila a prescindere dall’entità del contributo offerto, creando inoltre un bel momento di conoscenza e di dialogo, mentre Athesis ci offre spazi come questo, che ci consentono di raccontare l’esperienza vissuta all’interno del progetto e, perché no, qualcosa di noi e della nostra attività. Insomma, un bel messaggio di inclusività, a conferma che la cultura è davvero patrimonio di tutti. Un’operazione molto intelligente sotto tutti i punti di vista.

Non solo rappresentazioni, ma anche eventi collaterali. Qual è la proposta che ha trovato più suggestiva?
Senz’altro la cena che Fondazione Arena ha allestito sul roof garden dello stesso anfiteatro, cui ho partecipato in compagnia di mia figlia. Davvero suggestivo vedere il monumento da quest’altro, del tutto insolito, punto di vista.

Dato che parliamo di debutti e prime volte, come recita lo slogan del centenario del festival lirico festeggiato quest’anno, ricorda la sua «prima» in Arena?
Certo, fu quando, nel 1981, ci andai con l’allora mia fidanzata, per vedere Aida. All’epoca c’erano solo gli allestimenti tradizionali. Che restano immortali. Quest’anno ho avuto però modo di apprezzare anche l’innovativa Aida del maestro Stefano Poda.

Che cosa pensa di questa rottura tra presente e passato?
Mah, io non la leggerei proprio così. Direi che c’è un’Aida più classica, fatta di costumi tradizionali e grandi apparati scenici, in grado di coinvolgere un maggior numero di persone, quindi più aderente allo spirito di Giuseppe Verdi. E un’altra, più moderna, che dischiude orizzonti imprevisti. È chiaro che, ad uno spettatore privo di una cultura di base sull’opera, un allestimento come l’Aida di cristallo potrebbe risultare di non immediata comprensione. In compenso, l’aspetto musicale ne risulta a mio avviso meglio valorizzato.

Insomma, un’esperienza da ripetere?
Certamente. Al termine della mia prima esperienza nelle «67 Colonne» posso confermare che il sacrificio economico è stato non solo ben ripagato, ma ha rappresentato anche un ritorno sia in termini di immagine che di rapporto umano. Questa formula basata sulla convenienza reciproca è infatti in grado di generare processi collaterali virtuosi. Pensi solo che, quando ho invitato alcuni amici trentini e romani, una parte di loro mi ha confessato di non aver mai messo piede in Arena. Non posso dunque che essere contento di aver esteso tale opportunità ad altre persone, molto ben impressionate dall’iniziativa scaligera. 

Francesca Saglimbeni

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