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INTERVISTA

Fabrizio Degano

Arte e ingegno Le immagini di Carmen sulla giacca di Fabrizio Degano
Arte e ingegno Le immagini di Carmen sulla giacca di Fabrizio Degano
Arte e ingegno Le immagini di Carmen sulla giacca di Fabrizio Degano
Arte e ingegno Le immagini di Carmen sulla giacca di Fabrizio Degano

Chi è abituato a fare “rivoluzioni” nel proprio piccolo, alla fine apprezza anche quelle altrui, arrivando a condividerle - e quando necessario a supportarle - letteralmente in prima persona. È il caso di Fabrizio Degano, “architetto mancato” come si definisce lui, oggi titolare della società di arredo e mobili per ufficio Ar.Ve. srl, che dopo essere entrato nella famiglia dei sostenitori delle “67 Colonne per l’Arena di Verona”, in occasione della stagione 2022, grazie al passaparola di un fidato amico, per l’imminente edizione del centenario del festival lirico ha deciso di riscommettere sul progetto di membership di Fondazione Arena. Fondata nel 1991, come distributore in esclusiva per Verona e provincia di arredi del marchio Tecno Spa, Ar.Ve. srl compie la sua piccola rivoluzione quando, per la prima volta, nel ’96, si propone nel settore degli arredi per le concessionarie auto. Di lì, è tutto un crescere: nel 2015 si amplia con il settore General Contractor per essere più vicino alle esigenze delle multinazionali con cui collabora da diversi anni, e strada facendo si consolida come partner dei migliori gruppi automobilistici in Italia (da BMW a Toyota), assumendo come core business la produzione e commercializzazioni di arredi Corporate Retail per l’Automotive, anche sul mercato europeo.

Degano, perché con la Ar.Ve., ha voluto scendere nuovamente in campo, al fianco delle 67 Colonne? Quali opportunità offre il progetto a chi lo sostiene?
Gli eventi legati all’iniziativa, cui ho finora partecipato, mi hanno davvero coinvolto emotivamente. Per me è stato dunque naturale voler aderire una seconda volta, e finché sarà possibile continuerò a farlo. Non mi sono posto una scadenza per questo impegno. Anche perché, da veronese doc, ma soprattutto amante di una città a mio avviso senza pari al mondo, più che un onere lo ritengo un privilegio. Quando un caro amico mi ha presentato il progetto, ho capito che era il passo giusto da fare non solo per Verona, ma altresì per aiutare la Fondazione Arena, che - specie dopo la batosta della pandemia - stava facendo un ottimo lavoro nel risanare un comparto in sofferenza da diversi anni.

L'adesione da parte di numerosi professionisti, oltre che di imprenditori, lascia presumere che ormai anche la libera professione punta ad affermarsi sul territorio con un approccio “comunitario”. È d'accordo?
Penso che noi sostenitori, a prescindere dal settore in cui ciascuno opera, siamo tutti accomunati da una grande passione per il nostro lavoro. E trovarci insieme al fianco delle 67 Colonne significa che siamo molto affini anche nel desiderio di valorizzare la cultura e il bello. Appartenere a questo progetto, fatto anche di incontri e serate in compagnia, ci dà la possibilità di consolidare o rinnovare alleanze che servono a favorire lo sviluppo economico di Verona. Potremmo dire che i professionisti sono la “malta” che tiene insieme i mattoni dell’economia e dell’industria; senza le loro competenze specifiche diversi progetti o realizzazioni non avrebbero lo stesso valore. In ogni ambito professionale, la consulenza ovvero le aggregazioni di vari professionisti, garantiscono qualità e sostenibilità nella realizzazione di opere. Impattando sull’intera società.

Per lei personalmente, cosa rappresenta l'anfiteatro areniano?
Un’esperienza che mi porta indietro nel tempo, quando negli anni Settanta facevo la comparsa nelle rappresentazioni liriche estive e passavo diverse ore tra gli arcovoli e le gradinate di questo stupendo monumento, riconoscendolo però come tale, solo più tardi. Ho avuto infatti la fortuna di studiare la storia dell’Arena, durante la frequentazione di Architettura a Venezia, e ora, sentire nuovamente parlare delle colonne che rivestivano la struttura a noi visibile attualmente, alla stregua di una protezione aggiuntiva, ha reso ai miei occhi questo progetto ancora più affascinante. Ogni volta che entro in Arena sembra sempre la prima volta, sia durante gli incontri tra mecenati, che come spettatore di un’opera o di altri spettacoli musicali. Ti guardi intorno e ti sembra davvero di entrare in un’altra epoca. Posso immaginare un turista cosa provi vistando il monumento, quale esperienza unica abbia l’occasione di portarsi a casa. Oltre che Verona nel cuore •.

Francesca Saglimbeni

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