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I protagonisti

«Anche le imprese possono fare cultura Questo è un esempio»

Arte e impresa Le immagini di Aida sugli abiti di Elisabetta Gaspari
Arte e impresa Le immagini di Aida sugli abiti di Elisabetta Gaspari
Arte e impresa Le immagini di Aida sugli abiti di Elisabetta Gaspari
Arte e impresa Le immagini di Aida sugli abiti di Elisabetta Gaspari

La sua famiglia è assidua frequentatrice dei luoghi d’arte da sempre. Specie dell’anfiteatro areniano. Una passione che si è trasmessa di padre (e madre) in figlia, e che non ha smesso di ardere nemmeno nell’imprenditrice di successo che è oggi. Per questo non può dirsi un caso se Elisabetta Gaspari, ceo di Windtex Vagotex, ha deciso di sostenere l’iniziativa «67 Colonne» promossa dalla Fondazione Arena in collaborazione con il Gruppo Athesis, per il secondo anno consecutivo. «I miei genitori, e ancor prima mia nonna, hanno abituato me e le mie sorelle fin da piccole a frequentare luoghi d’arte di ogni genere. Dai musei alle mostre, ai teatri sia di prosa che filarmonici. L’Arena però ha sempre avuto un fascino diverso», racconta.

Uno dei suoi più bei ricordi legati alla stagione areniana?
Il rituale della Prima, alla quale i miei non mancano dai primi anni ’70. Mia mamma metteva il più bell’abito da sera e veniva a cercare la nostra approvazione prima di uscire. Per noi era come se andasse al ballo di Cenerentola, sapevamo che era un evento unico che lei ci avrebbe raccontato il giorno dopo con dovizia di particolari sui costumi, le scenografie e la qualità del canto. Per questo ogni volta che torno, per me è un grande evento che merita di essere onorato con l’abito migliore e con il rispetto che uno spettacolo unico al mondo merita.

Avrebbe mai pensato che, un giorno, sarebbe passata da spettatrice a mecenate del monumento simbolo di Verona?
A dire il vero no, non credevo nemmeno fosse possibile, ma l’iniziativa proposta da Fondazione Arena attraverso l’Art Bonus, ha permesso a tanti veronesi come me, orgogliosi del nostro festival operistico, di poterlo sostenere. E ora questo legame è ancora più forte. La Fondazione ci ha inoltre coinvolti moltissimo nelle varie iniziative delle «67 Colonne», facendoci sentire parte di un grande progetto. La sovrintendente Cecilia Gasdia poi trasmette una tale passione che è difficile resisterle!

Si parla spesso di Cultura d’impresa. Qualcuno si è spinto oltre dicendo che l’impresa “è” cultura. Come interpreta questo pensiero?
Un’impresa con fondamenta nella cultura oggi è un’impresa che persegue il valore della sostenibilità, che a sua volta va intesa non più solo come ecologia, ma anche etica, quindi rispetto dell’ambiente, delle persone, del territorio, della stessa Cultura. Il nostro mondo non sarà mai sostenibile se non ci occuperemo del benessere dell’uomo anche sul piano psicologico e culturale. Per questo riteniamo che l’arte, in tutte le sue forme, debba tornare ad essere uno dei pilastri dell’economia medesima.

Che è poi il significato di «mecenate»…
In un certo senso si. Quando noi investiamo risorse economiche per la cultura non lo facciamo per una mera sponsorizzazione, un ritorno di immagine. A noi piace che i nostri dipendenti, ad esempio, abbiano la possibilità di assistere all’opera con una corsia preferenziale e che si possano sentire orgogliosi di essere parte di una tradizione quasi centenaria. Avvicinarne all’Opera anche solo uno, sarebbe per noi il più bel successo!

Ma è una via percorribile anche da imprese più piccole?
Assolutamente si. Il meccanismo regolato dall’Art Bonus è efficace proprio perché permette di detrarre fiscalmente una buona parte della somma investita nel settore, e la stessa Fondazione Arena ha strutturato i contributi legati al progetto in diverse fasce, adatte a tutte le tasche, anche a quelle del singolo cittadino.

La vostra azienda lavora molto anche all’estero. Ci sono modelli di alleanza tra impresa e cultura, lì, che possono insegnarci qualcosa? O tutto sommato siamo a buon punto?
Quando lavoravo in America, vent’anni fa, mi aveva colpito la quantità di iniziative culturali finanziate da imprese private, mostre d’arte, spettacoli, dipartimenti universitari e scuole, il tutto grazie ad un sistema fiscale molto incentivante. Per anni mi sono dunque chiesta come mai un Paese con un patrimonio artistico come il nostro non avesse ancora fatto altrettanto. Ma per fortuna, ora, ci siamo arrivati anche noi! La recente legge del Ministero della Cultura ha permesso a imprenditori privati di ristrutturare il Colosseo e altri monumenti di importanza mondiale e a noi scaligeri di aiutare Fondazione Arena in un momento difficile. Un atteggiamento diffuso di sospetto, e di certo disprezzo, da parte del mondo della Cultura nei confronti degli imprenditori, ha zavorrato l’Italia per decenni. Ma credo che ora il vento stia cambiando. L’auspicio è che lo scambio tra privato, pubblico e arte sia sempre più fluido e interattivo.

Francesca Saglimbeni

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