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Dante, Vita nova a Verona

Il professor Pellegrini
Il professor Pellegrini
Il professor Pellegrini
Il professor Pellegrini

In occasione del settimo centenario della morte di Dante, i nuovi studi e le nuove ricerche hanno proposto una diversa datazione per i soggiorni veronesi del poeta, da sempre oggetto di ricostruzioni discordanti da parte dei suoi biografi. Si tratta comunque di ipotesi, in quanto non ci sono documenti specifici che riguardano questi periodi e quanto Dante dice di sé nelle opere si può interpretare in vario modo. I dantisti sembrano i virologi che vediamo in tv in questo ultimo anno: ognuno la pensa in modo opposto. Quanti sono stati i suoi soggiorni veronesi? E soprattutto in quali periodi? Non si tratta di curiosità erudite: uno o l'altro momento getta una luce diversa sulla personalità di Dante, sul rapporto che il poeta ha avuto con gli Scaligeri e con la nostra città. Ricordiamo che la Signoria del tempo di Dante ha visto, dopo Mastino I (1259-1277), il fratello Alberto I (1277-1301) e poi, dal settembre 1301 al 7 marzo 1304, il figlio di quest'ultimo, Bartolomeo. Gli succede il fratello Alboino fino alla sua morte, avvenuta il 29 novembre 1311, ma dal 1308 gli era stato associato il fratello Cangrande che, dal 1312, è il solo signore di Verona. Il primo soggiorno di Dante a Verona pone numerosi interrogativi. Mancando di documenti, gli studiosi si basano sui versi del canto XVII del Paradiso mettendoli a confronto con le informazioni riportate dai più antichi biografi e commentatori della Commedia. «Lo primo tuo refugio e 'l primo ostello/sarà la cortesia del gran Lombardo/che 'n su la scala porta il santo uccello»: questa terzina porta a credere che il sommo poeta sia venuto a Verona sotto la signoria di Bartolomeo della Scala, il quale aveva l'aquila imperiale sul suo stemma, in quanto marito di Costanza, nipote di Federico II. Questa è l'ipotesi più credibile, ma sul periodo vi sono varie interpretazioni. Afferma ancora il poeta: «E quel che più ti graverà le spalle, /sarà la compagnia malvagia e scempia /con la qual tu cadrai in questa valle; che tutta ingrata, tutta matta ed empia / si farà contr'a te; ma, poco appresso, /ella, non tu, n'avrà rossa la tempia».Le biografie note di Dante, in base a questi versi, lo fanno venire a Verona, dopo la battaglia della Lastra che i guelfi Bianchi (il "gruppo politico" di Dante, avverso ai Neri) hanno combattuto per poter rientrare a Firenze. Da queste terzine si ricava che, prima di questo scontro, che fu un disastro e costò morti, il poeta sarebbe stato osteggiato dai guelfi bianchi che poi avrebbe abbandonato. Ma, siccome questa battaglia avvenne il 20 luglio 1304, come di recente ha giustamente evidenziato il professor Paolo Pellegrini, docente di filologia italiana all'Università di Verona e autore di una nuovissima biografia di Dante per Einaudi, questa ipotesi non è corretta in quanto Bartolomeo era morto il 7 marzo, oltre quattro mesi prima, e signore di Verona era Alboino.Altri dantisti hanno sostenuto che Dante è venuto a Verona da Bartolomeo in missione diplomatica, per conto dei guelfi bianchi, ma non ottenne quanto voleva. Tuttavia rimase in città per vari mesi.Il professor Pellegrini, in un convegno tenuto nella nostra città nel 2015, ha ricostruito questo primo soggiorno veronese, facendo collimare perfettamente tutte le informazioni. Dante venne a Verona, già alla fine del 1302, per una breve missione diplomatica per conto dei guelfi bianchi e di Scarpetta Ordelaffi, signore di Forlì, che stavano preparando una guerra contro Firenze e avrebbero voluto anche l'aiuto di Bartolomeo della Scala. Il signore di Verona avrebbe acconsentito, ma avrebbe spostato il periodo dell'intervento militare in estate, poi, però, si sarebbe tirato indietro. Dante, convinti i suoi compagni ad aspettare, venne accusato da loro di tradimento quando mancarono gli aiuti promessi e così decise di lasciare i bianchi e di desistere dall'idea di rientrare a Firenze con le armi. Siamo nella primavera del 1303 e nel maggio-giugno, Dante sarebbe tornato a Verona, da esule politico alla corte di Bartolomeo, come dice nel canto XVII del Paradiso. Una vita nuova per il Poeta, o meglio «Vita nova» riprendendo il titolo di un'opera giovanile.La battaglia citata in queste terzine, allora, non sarebbe stata quella della Lastra, ma quella al Castello di Pulicciano del 12 marzo 1303, nell'ambito delle guerre mugellane dei guelfi bianchi contro Firenze a cui Dante, però, non ha partecipato. Per questa ipotesi, Pellegrini si basa su un antico commento della Commedia, quello dell'Ottimo, e su quanto ha scritto uno storico di Forlì del Quattrocento, Biondo Flavio.Dante sarebbe rimasto a Verona fino al marzo del 1304: 10-11 mesi. Cosa trova il sommo poeta nella nostra città?Non dobbiamo dimenticare che era un fuggiasco e qui a Verona viveva una nutrita colonia di fiorentini, legati alle famiglie degli Uberti, degli Ubriachi e degli Ervari, ghibellini, ma a lui vicini per l'avversione al papato e ai guelfi neri. Certamente li ha frequentati. Inoltre, vi erano molti altri fiorentini, legati ai commerci della lana, al prestito di denaro, anche se probabilmente Dante non li amava molto. Sono molti i biografi che associano la sua permanenza a Verona soprattutto per la Biblioteca Capitolare, dove avrebbe incontrato Giovanni Mansionario, la figura più eminente di questa biblioteca. Inoltre, nel De vulgari eloquentia, Dante cita libri di autori che sono alla Capitolare: Livio, Plinio, Orosio, Frontino. Senza dimenticare che, la professoressa Mariaclara Rossi, docente nel nostro ateneo, ha studiato la Chiesa di Verona ai tempi di Dante e ha ipotizzato la frequentazione del poeta delle ricche biblioteche degli Ordini religiosi, in particolare dei Domenicani a Santa Anastasia, dei Francescani a San Fermo, degli Agostiniani a Sant'Eufemia, presso i quali, all'inizio del soggiorno, sarebbe stato ospite.C'è, però, un altro interrogativo: perché, nel marzo del 1304, Dante avrebbe lasciato Verona? Si accampano due motivi fondamentali: la morte di Bartolomeo della Scala, avvenuta il 7 marzo 1304, ma soprattutto l'arrivo a Firenze, pochi giorni prima, il 2 marzo, come paciere fra i guelfi bianchi e i neri, del cardinale Niccolò da Prato, al quale il poeta ha indirizzato la sua prima epistola per conto dei guelfi bianchi con cui si è, dunque, riappacificato e riunito. Il cardinale è stato inviato dal nuovo papa, Benedetto XI, eletto dopo la morte di Bonifacio VIII, l'acerrimo nemico di Dante. E poi il soggiorno più lungo dal 1312 al 1318.Ma, un'altra recente biografia dantesca, quella di uno storico molto noto, Alessandro Barbero, riprende un'altra ipotesi che cioè la battaglia sia quella della Lastra e che Dante venne a Verona, con Alboino, con il quale però non andrà d'accordo e sul quale dirà parole molto dure nel quarto libro del Convivio, scritto dopo il 1306. (1-continua)

Emma Cerpelloni

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