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I luoghi

Dante nel cuore degli Scaligeri

Dante affascinato dal mercato di piazza Erbe ai tempi del Trecento, sullo sfondo la Domus Mercatorum
Dante affascinato dal mercato di piazza Erbe ai tempi del Trecento, sullo sfondo la Domus Mercatorum
Dante affascinato dal mercato di piazza Erbe ai tempi del Trecento, sullo sfondo la Domus Mercatorum
Dante affascinato dal mercato di piazza Erbe ai tempi del Trecento, sullo sfondo la Domus Mercatorum

Riprendiamo il nostro percorso prendendo spunto da quanto scrive l'Enciclopedia dantesca: la topografia della Verona di Dante Alighieri, che nella nostra città venne in esilio per due soggiorni, ospite degli Scaligeri, dispone di tre caposaldi: la residenza scaligera di Santa Maria antica, la chiesa di Sant'Elena e l'abazia di San Zeno.È comunque indubbio che la strada che, ancora oggi, può dare l'idea della città scaligera è via Sottoriva con i bassi e possenti portici. Dall'altro lato non ci sono più i vo' che scendevano a pelo dell'Adige, dove vi erano i mulini che macinavano cereali, ma anche terre per i colori e per l'edilizia.Del cuore del potere scaligero abbiamo già scritto, ma percorriamo la Verona del sommo poeta, partendo dal centro cittadino delle istituzioni e degli affari, che era piazza Erbe, il Foro romano. Prima, però, ricordiamoci che Mastino I e Alberto I guidano la signoria veronese, prima dell'arrivo del sommo poeta, Bartolomeo, Alboino e Cangrande, quando Dante è a Verona, ma le opere architettoniche di Cangrande posteriori, mentre Mastino II e Cansignorio "governano" nei decenni successivi.

PIAZZA ERBE Piazza Erbe era il centro commerciale, oltreché politico. Innanzitutto vi era il palazzo del Comune, una struttura fortificata con torri ai lati (ne è rimasta una). Il palazzo, a fine Duecento, venne ingrandito con la domus nova comunis, sull'odierna piazza dei Signori, per i giudici e il podestà.Nel palazzo, che aveva la facciata rustica, come è, ancora oggi, la Torre della cappella o Torrazzo, oltre al consiglio cittadino, avevano sede i magazzini del sale, il dazio della seta e le carceri, oltre al banco di giustizia.Alcuni decenni prima dell'arrivo di Dante, Mastino I, il capostipite scaligero aveva risistemato il palazzo e in un cortile interno aveva collocato un podio da dove i colpevoli sentivano le sentenze. Non vi era ovviamente la scala della Ragione, costruita a metà del Quattrocento.In piazza Erbe, c'era la torre dei Lamberti, che era detta delle campane: non era alta come oggi, ma era circa la metà, fino a dove poi verrà collocato l'orologio.Cuore degli affari la Domus mercatorum, la Casa dei mercanti, costruita in mattoni e tufo, nel 1301, da Alberto della Scala che la destinò a tutte le corporazioni. Fu ultimata nel 1304: serviva per le riunioni, per le discussioni, per scrivere gli statuti e i regolamenti commerciali e per dirimere controversie. Non era, però, l'edificio odierno, rifatto nell'Ottocento.Presso la Torre del Gardello che era già stata costruita, ma non così bella come poi l'ha voluta Cansignorio, collocandovi una campana che rintoccava a ogni ora, vi erano botteghe attivissime dove si vendevano i panni di lana. Nella parte superiore di piazza Erbe vi erano le ortolane, i lardarolli, i venditori di carne porcine, di grasso e di olio. Vi erano anche i venditori di biade e di cordame, i pellettieri, i solaroli, i cuoiai, mentre le beccherie, con le carni, e la pescheria si trovavano vicino all'Adige. Piazza Erbe non era un centro elegante: era un caos di casotti mobili che dava un senso di confusione. In piazza doveva essere già stata posta la statua di Madonna Verona, in quanto eretta a memoria della pace di Costanza e della lega lombarda, ma non con la fontana, nella sistemazione che vediamo noi, voluta da Cansignorio.Dante ha certamente visto le case Mazzanti, allora granai scaligeri, ma ovviamente senza gli affreschi cinquecenteschi della facciata sulla piazza. Crediamo, però, che il retro, su via Mazzanti, con l'alta e ripida scala abbia potuto attrarre il poeta come colpisce anche noi.

SGARZARIE Ad Alberto I si deve, nel 1299, anche la sistemazione della zona delle Sgarzarie, tra Corso Porta Borsari, vicolo Monte, via Emilei, e via Fama, e il restauro degli edifici. Era il cuore della produzione e del commercio della lana. Una lapide sopra l'arco romanico, sotto il quale si passa per entrare nella corte, ricorda che «qui furono i lanifici onde ebbe tanto lustro e potenza il veronese comune dal secolo terzo al 14º dell'era volgare».Il toponimo Sgarzarie fa riferimento al complesso delle scardasserie o carderie, luoghi dove si scardassa la lana, cioè dove compivano le operazioni indispensabili per la sua trasformazione nelle varie gamme dei tessuti. In questa area si concentravano anche le botteghe dei garzatori, i lavoranti della lana. Pare che vi fossero 14 botteghe-laboratori, ognuna con una propria insegna, dove vi lavorava una sessantina di artigiani. Con Alberto I furono costruiti anche il fondaco delle balle (il magazzino dove venivano depositati i tessuti) e le stanze per i cimatori. Dante certamente ha visto questi luoghi.Del resto, nella Divina Commedia, fa molti esempi sulla lavorazione della lana. Nella corte di oggi, la grande Loggia, denominata "del Mangano", è un edificio scaligero, costruito per il mercato delle lane, ma non si conosce il signore a cui si deve la sua costruzione: chi dice Alberto, e allora Dante l'avrebbe vista, chi Mastino II, e allora non c'era negli anni veronesi del poeta.

LA ZONA DEL DUOMO Se riteniamo di Dante la Questio de aqua et terra, sappiamo che il poeta tenne questa dotta conferenza sul rapporto fra i due elementi naturali nella chiesa di Sant'Elena il 20 gennaio 1320. Questo edificio sacro, nel complesso della cattedrale, conferma che il sommo poeta conosceva il duomo e certamente aveva ammirato la facciata con il bellissimo protiro, uguale a quella che vediamo noi. Molto diverso invece l'interno. Resta un enigma la frequentazione dantesca della Biblioteca Capitolare: alcuni studiosi sostengono che una delle ragioni della scelta di Verona come luogo dell'esilio da parte del poeta fosse proprio la presenza di questa biblioteca, altri invece si chiedono quali codici abbia eventualmente consultato e perché non ha usato informazioni contenute in alcuni manoscritti della celebre biblioteca per correggere alcuni errori storici presenti nelle sue opere. Un problema dantesco, questo, che resta aperto e ancora studiato. Interessanti gli ultimi studi di Guglielmo Bottari e Marco Petoletti sui manoscritti e sulle biblioteche che erano a Verona ai tempi di Dante, presentati nel 2015 in un convegno dantesco, che si è tenuto nella nostra città.A nostro giudizio certamente il poeta l'ha frequentata. Oltre ai grandi edifici sacri, nella zona del Duomo vi erano alcune chiesette, oggi soppresse, che il poeta poteva aver visitato, come San Clemente, Santa Felicita e Santa Cecilia. Anche le stradine, attorno alla Cattedrale, ci fanno entrare nelle atmosfere trecentesche della Verona dantesca. (2-continua)

Emma Cerpelloni

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