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Il racconto

«Tre anni di Trevor,
il cane epilettico
che mi ha cambiata»

Il racconto
Trevor e Fabiana
Trevor e Fabiana
Trevor e Fabiana
Trevor e Fabiana

Sono passati tre anni da quando in casa nostra è arrivato Trevor. La porta per lui si è aperta per caso, senza che io e mio marito avessimo espresso un particolare desiderio di avere un cane.

Semplicemente è successo. Semplicemente ho visto un annuncio su Facebook e poi sulla pagina che il quotidiano L’Arena ogni martedì dedica agli animali e da quel momento quegli occhi in cerca di un riferimento non hanno più smesso di interrogarmi. A distanza di tempo ricordo ancora il colpo di fulmine, la prima telefonata alla volontaria che lo stava seguendo, quello strano senso di inadeguatezza che mi ha tormentata per un paio di settimane, prima di prendere la decisione.

L’annuncio d’altronde era chiaro: Trevor, meticcio boxer, aveva già otto anni, allora, ma soprattutto era affetto da epilessia. Era stato abbandonato dal proprietario, che lo aveva prima lasciato da solo in un appartamento, poi consegnato senza rimorsi al canile sanitario di Vicenza per ragioni personali discutibili. Era diventato ingombrante, evidentemente, anche perché forse divenuto difettoso, complicato, vincolante. Gli anni tra una struttura e l’altra sono diventati presto due e quel peloso di quasi trenta chili aveva cominciato a perdere la speranza di trovare una famiglia.

Mi sono commossa, ecco tutto. Ma mi sono anche lasciata stravolgere la vita: è stato chiaro fin da subito, anche grazie al supporto delle volontarie dell’Associazione Animalisti di Verona, che non avrei preso un cucciolone simpatico che ci avrebbe fatto compagnia, un peluche e un compagno di passeggiate.

Trevor è un cane stupendo, ma impegnativo, richiede attenzioni extra, ti può sorprendere con una crisi epilettica, per fortuna oggi molto contenuta, in ogni momento del giorno o della notte. Lo lasci solo a casa e speri che non succeda nulla in tua assenza e per questa ragione fai in modo che non ci resti a lungo, perché potrebbe avere bisogno di aiuto. Non voglio scoraggiare nessuno, con queste affermazioni, innanzitutto perché la sua presenza è fonte di gioia, di tenerezza, di allegria in ogni singolo giorno.

Voglio solo dire che quando leggo di aspiranti affidatari che riconsegnano i cani alle associazioni perché “pensavo non facesse la pipì in casa”, beh, mi altero un po’. Questi animali incredibili ci hanno scelti da tempo immemore, hanno deciso che convivere con gli esseri umani sarebbe stato un bel cammino insieme. Ciò significa prendersi una responsabilità, che è alla portata di moltissime persone. Però non basta farsi intenerire: è necessario essere disposti a fare spazio e a cambiare. A fare qualche piccola rinuncia. C’è solo da guadagnarci.

Fabiana Bussola

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