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Serve un tetto agli arrivi degli immigrati

La fine del Covid ha segnato l’aumento degli arrivi nel nostro Paese da parte di lavoratori stranieri ed extracomunitari. Su 41 milioni di lavoratori 4,3 milioni sono quelli stranieri: questi ultimi pur rappresentando circa il 10% della forza lavoro porta poco più del 5% di contributi: questo dimostra quanto sia falsa l’affermazione che le nostre pensioni sono pagate dai migranti. Ovvia quindi la indifferibile necessità di riformare fisco e welfare e vietare i nuovi ingressi. L’opinione di Bruxelles va nella direzione di creare un’Europa con bassi salari e una produttività basata sul dumping salariale: tale risultato lo si potrà ottenere accettando un’invasione incontrollata di migranti. Fino al 12 novembre 2011 il nostro Paese era solo marginalmente interessato dall’arrivo di clandestini poi con la politica delle porte aperte attuata dal nuovo governo migliaia di disperati si sono riversati sulle nostre coste. E l’Unione Europea? L’Unione plaude a questo senso umanitario partecipando se non in minima parte al costo economico di questo fenomeno. Bisogna arrivare al 2023 perché nell’Unione Europea si parli di «ipotesi» di tetto e migranti per ognuno dei 27 Stati che ne fanno parte; il risultato avuto in questi giorni e che nessuno li vuole in casa propria, nemmeno dietro la corresponsione di 22.000 euro per ogni accolto che l’Unione Europea metterebbe sul piatto per risolvere il problema. Secondo recenti dati Istat l’Italia è composta da 25,7 milioni di nuclei familiari: come onere di partecipazione ogni nucleo versa all’Unione Europea circa 1000 euro, mentre in cambio il nostro Paese per risollevarsi fruisce dei miliardi di euro del Pnrr che le nostre future generazioni dovranno rimborsare all’Unione. Mi sa che Margaret Thacher avesse ragione quando al vertice di Madrid del 1989 ebbe a dichiarare che «L’Ue è un espresso di babele ovvero un convoglio destinato a deragliare rovinosamente da cui sarebbe saggio scendere quanto prima». Un referendum indetto alcuni anni dopo in Gran Bretagna sull’argomento ne determinò l’uscita dall’Unione. Un simile evento sarebbe auspicabile anche per l’Italia ma un referendum popolare non avrebbe alcuna probabilità di successo finché l’elettorato ragiona con la testa dei politici che, per dirla con un proverbio veneto, «I se dà tanto da far solo per ciapar qualche bon voto e metare el culo su un gran caregoto!». Galdino Orsolini COLOGNA VENETA

Galdino Orsolini

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