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Sale il rischio di un conflitto atomico

Il 25 Aprile, giorno della speranza e della rinascita in cui si fa più forte la necessità di salvaguardare la memoria, si celebra la liberazione mentre è in corso la guerra di aggressione della Russia all’Ucraina. Una guerra brutalmente asimmetrica in cui le distruzioni si moltiplicano tutte nel territorio aggredito. Eppure il 25 Aprile festeggia la «liberazione dalla guerra», la sua fine. La fine di tutte le guerre, la loro condanna come male irreparabile, e la ricerca della pace come principio di civiltà giustapposto alla barbarie di tutte le ideologie mortifere. Per questo ci si divide, spaccati tra paura e impotenza, con legittime diverse posizioni responsabili e solidali: quello non da fare è negare le ragioni di chi rimane contrario all’opzione militare liquidandolo, sbrigativamente, come amico del nemico. Si può essere contro la guerra per solide ragioni, senza pregiudizi ideologici e senza ambiguità, laddove si pensa che le armi non costituiscono mai la soluzione del problema perchè ne fanno parte: nello scenario ucraino il buon senso dice che più armi entrano in campo, più vittime soprattutto civili si conteranno, anche se per l’aggredito l’arma appare lo strumento primo a cui pensare. Se è vero che ogni giorno in più che dura la guerra, si verifica la forza della resistenza ucraina, è altrettanto vero che ogni giorno vuol dire vittime innocenti, morte e distruzione di massa. A me pare che questo modo di pensare sia certamente umano, anche se poco eroico, perchè tenta di cogliere le ragioni della vita contro quelle della morte. Aggiungo la decisiva considerazione che ogni giorno in più di guerra aumenta il rischio non solo che si incrudelisca, come stiamo vedendo, ma che salga di scala e di grado: che si estenda e contagi il contesto in uno scenario in cui l’esplodere di un conflitto mondiale, cioè atomico, diventa un rischio reale. Idalgo Carrara VERONA

Idalgo Carrara

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