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Quegli anni al liceo Maffei

Mi rivolgo attraverso L’Arena all’avvocato Carlo Fratta Pasini. Sono uno dei 5(0.000) suoi affezionati lettori dei quattordicinali «Bruscandoli», che leggo sempre con grande diletto e interesse. Mi riferisco all’ultimo («Gli anni al Maffei una palestra di vita») la cui lettura, oltre a procurarmi grandissimo diletto, mi ha procurato anche molta nostalgia di anni e ambienti lontani (e della giovinezza tutta). Io feci tutto il Maffei una dozzina di anni prima di Lei, essendovi entrato ad ottobre 1957 ed uscito a luglio 1962. Era ancora il Maffei al 100% «gentiliano» e con i banchi di legno ottocenteschi: molto probabilmente erano gli stessi banchi di cui furono dotate le aule alla fondazione del liceo nel 1806. Tra parentesi: non ho mai capito come possa essere possibile fare un buon compito in classe di Latino o di Greco seduti su una sedia di metallo e plastica e con i fogli e i vocabolari su un banco di plastica e metallo anch’esso; e – per di più – in un’aula con riscaldamento centralizzato a termosifoni e non (come era ai miei tempi) con riscaldamento (si fa per dire) affidato a una stufa «Becchi» a legna; l’ottimo bidello Benini – che anche Lei certamente ricorda – provvedeva all’accensione in ora antelucana in modo che alunni e professori arrivassero alle otto in ambienti non gelati; quindi, con visite più o meno regolari, provvedeva a rifornire il fornello di legna, sostituito dal capoclasse-fuochista in caso di ritardo. Tornando al suo pregevole e godibilissimo articolo, vorrei segnalarle due probabili inesattezze. 1) Lei scrive: “anziché allo studio della geografia(...) ebbi l’ancor più infelice idea di aprire il libro di geografia durante l’ora di italiano”. No: al ginnasio (e tanto più al liceo) non si studiava più la geografia. Al ginnasio (e cioè ai primi due anni del quinquennio) l’insegnante di Lettere insegnava quattro materie: Italiano, Latino, Greco e Storia. La Geografia si studiava solo alla scuola media (ai miei tempi non ancora “unificata”). Probabilmente Lei ha confuso (sono trascorsi una cinquantina d’anni) la geografia e il relativo libro con la storia. 2) Lei scrive: “si aggiunse di lì a poco un bel quattro nella versione dall’italiano in greco”. No: probabilmente Lei voleva dire “dal greco in italiano”. La traduzione dal greco in italiano non dall’italiano in greco esisteva già ai miei tempi, e a maggior ragione ai suoi. Per il Latino esisteva il compito in classe dall’italiano in latino (la prova più difficile: spesso un incubo) e, in alternanza, il compito in classe dal latino in italiano (molto meno difficile). Già da decenni la traduzione dall’italiano in latino è stata abbandonata anche al liceo classico: non so se ai suoi tempi sussisteva ancora. La severissima professoressa di Lettere da lei ricordata nell’articolo è probabilmente (spero di non sbagliare) la temibile Vassalini che, ai miei tempi, era professoressa di Lettere nella sezione D (la sezione femminile), ma solo per i primi due anni (quarta e quinta ginnasio): al liceo (ultimi tre anni del quinquennio) gli insegnanti delle materie fondamentali (Italiano, Latino, Greco, Filosofia, Storia) dovevano essere uomini (esattamente come in Magistratura). Le confermo che leggo sempre i suoi articoli con grandissimo piacere; tra l’altro sono anche scritti in perfetto e scorrevole italiano, come doveroso e come ci si aspetta da un maffeiano d’antan. A questo proposito mi permetto di rivolgere una preghiera a lei e, soprattutto, al direttore Maurizio Cattaneo, e cioè di rendere almeno settimanale la pubblicazione dei suoi articoli: quattordici giorni tra un articolo e l’altro è un tempo di attesa troppo lungo; credo che una pubblicazione più frequente sarebbe molto gradita da non pochi lettori de L’Arena. VERONA Risponde Carlo Fratta Pasini: Al più attento dei miei cinque lettori debbo una seppur telegrafica risposta: nell’anno scolastico 1969/70 al ginnasio si insegnava la geografia; la versione dall’italiano in greco era stata abolita dai programmi scolastici, ma una ce la fece fare ugualmente, avvertendoci che non avrebbe potuto tenerne (ufficialmente) conto, ma che una volta fatta non sarebbe stato serio non darci anche il voto; la professoressa non era la mitica Vassalini (la traduttrice del traduttor dei lirici greci); l’attuale periodicità è già gravosa per un dilettante come il sottoscritto, anzi io l’avrei già diradata se l’arcigno direttore Cattaneo non mi tenesse in pugno con un contratto capestro, come il povero Emilio Salgari. Un caro saluto

Maurizio Paolucci

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