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Putin e la variabile cinese

In questi ultimi giorni assistiamo ad un intensificarsi di incontri politici, un andirivieni di leader di vari Stati che si confrontano sul tema del conflitto in atto, al fine di trovare eventuali punti in comune da porre in evidenza, da seguire allo scopo di fermare la guerra. Abbiamo assistito ai sorrisi e strette di mano di Draghi con Biden, ai loro discorsi di prammatica orientati alla volontà di trovare una via di sbocco all’attuale dramma. Pur tuttavia non dobbiamo illuderci che tale amicizia così fortemente evidenziata sia anche una dimostrazione di una certa predisposizione favorevole ad accettare tutto per il bene dei due Paesi; il nostro leader ha tre paletti da sottoporre all’amico d’oltreoceano e cioè in primis il cessate il fuoco immediato, in secondo luogo dare la possibilità all’Ucraina di resistere e infine il convincimento che non deve vincere Putin. Esiste certamente una considerevole alleanza fra i due Stati creatasi alla fine della seconda guerra mondiale e che solo la storia può testimoniare, rafforzatasi poi nel periodo di pace. La Russia ha cominciato a perdere già il 25 febbraio, secondo giorno d’invasione quando si è resa conto che non era possibile conquistare l’Ucraina in un solo boccone ma che da lì sarebbero iniziati giorni di guerra aspra e terrificante per entrambe le fazioni in campo. Quando Putin lo capirà, meglio sarà per tutti anche perché penso che, per poter parlare di trattative, occorre che la forza militare russa venga piegata. Dall’altra parte il confermato Macron in qualità di Presidente di turno del Consiglio dell’Unione Europea, bussa alla porta della misteriosa Cina non certo intenzionata ad un terzo conflitto mondiale ma incerta sul da farsi anche perché ultimamente aveva stretto fragili rapporti con Mosca in occasione di una furba visita lampo del leader russo. La medesima ha dato segni di riconoscere la sovranità e il diritto all’indipendenza della nazione invasa e può essere una spalla di non poca importanza per il leader francese al fine di cercare di dirimere la drammatica vertenza in corso. Occorre isolare Putin, non solo con le armi ma soprattutto con una intelligente, costante e ossessiva forza diplomatica. Per far questo, secondo il mio punto di vista, non serve continuare ad implorare il Capo del Cremlino a deporre le armi. Non lo farà mai, questo è scontato. È necessario rintracciare alcune persone politiche o delegazioni di altri Stati tra cui l’India e la Turchia, che abbiano soprattutto forte influenza sul capo del Cremlino, aiutarle, consigliarle, spingerle ad affrontare questo uomo uscito di senno che sta solo cercando una vittoria impossibile per uscire a testa alta dal conflitto da lui stesso ideato, rivelatosi finora una cocente sconfitta. Giuliano Taborelli VERONA

Giuliano Taborelli

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