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Patto atlantico ma non transatlantico

«A chi piace se la mangia». Mi è parsa subito una frase esemplare come offesa della lingua italiana, da me captata in uno di questi giorni essendomi imbattuto ad ascoltare una discussione televisiva su temi gastronomici. Evidentemente la concitazione del dialogo ha distratto l’attenzione dell’interlocutrice. Tuttavia, se uno sa di parlare in televisione, cerca di stare più attento al suo eloquio. Qui il verbo mangia manca di soggetto, che è sostituito da un complemento di termine e da una proposizione relativa. Si sarebbe dovuto dire: «colui al quale piace se la mangia«. Oppure: «chi la preferisce se la mangia». Quella da me riportata è una espressione che offende quasi stridendo l’orecchio o l’occhio. Più o meno così accade anche per i frequentissimi e famigerati congiuntivi, continuamente sostituiti dall’indicativo. Questi sono talmente entrati in uso che sarebbe ormai fatica sprecata e vana segnalare la loro ripetizione. C’è, invece un altro termine del quale vorrei denunciare l’uso non di rado errato: «transatlantico». L’abuso di questo vocabolo è praticato a volte in questo momento in cui, a causa della guerra in Ucraina, in politica estera si parla di europeismo e di atlantismo. È giusto «atlantismo», e non «transatlantismo», perché ci si riferisce alla alleanza tra i Paesi europei e l’America settentrionale, cioè al di qua e al di là dell’Atlantico, ossia atlantici. Così diventa esatta la denominazione di «Patto atlantico», che è stata attribuita a questa istituzione dai nostri padri fin da quando essa è nata. Eppure in questi giorni persino l’ex presidente Draghi, che è un esempio, non solo di signorilità, ma anche di correttezza verbale, si è lasciato sfuggire «i valori transatlantici». Non cascherà il mondo. Vittorio Castagna VERONA

Vittorio Castagna

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