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Mandiamo i nostri soldati

Il summit di Berlino sulla crisi della Libia non ha trovato l’accordo di pace sperato tra i due contendenti in guerra. Ha trovato forse un accordo tra i vari Paesi che, per interessi nazionali, si propongono di intervenire sia diplomaticamente sia militarmente nel conflitto libico. Interessi che dividono, negli appoggi politici ai due contendenti, anche Paesi europei e in particolare la Turchia e la Russia, alleate invece in Siria. Il tutto per poter arrivare al controllo del petrolio libico e lo sfruttamento dei suoi fondali nel Mediterraneo. Il summit di Berlino ha stabilito al momento una tregua finché i due contendenti Sarraj e Haftar riusciranno a convincere le centinaia di tribù dell’area. Per interessi economici e per i trascorsi buoni rapporti con l’ex colonnello Gheddafi, sarebbe l’occasione propizia per il nostro governo di proporsi come forza militare di controllo di pace sotto l’egida Onu, abbandonando la nostra presenza in altri Paesi e concentrando il nostro contingente militare in Libia. Un motivo perché senza esercito non si costruisce la pace in quel Paese, e l’altro motivo è che se dobbiamo rischiare qualche dolorosa perdita, possiamo avere almeno qualche vantaggio nazionale a cominciare dalla cessazione della fuga di profughi verso il nostro Paese. Roberto Bassi CAVALCASELLE

Roberto Bassi

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