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Le aziende familiari accelerano il loro riassetto

Il rafforzamento delle aziende familiari, per superare la crisi determinata dalla pandemia e le successive incertezze derivanti dalla guerra, ha imposto un riassetto delle compagini proprietarie, liquidando i soci in aperto conflitto e quelli incerti se sostenere, con mezzi propri, l’impresa. L’aumento dei casi di recesso (più o meno concordati) o la sostituzione del socio receduto con fondi di private equity o di family business, rappresentano un’esperienza professionale vissuta da commercialisti, aziendalisti, avvocati e notai del Veneto e non solo. L’impressione che deriva dalla pratica professionale ha trovato di recente un sostegno scientifico, che delinea una tendenza meritevole di commento. Come abbiamo letto in un chiaro commento su L’Arena, l’annuale rapporto Aub (Associazione delle Imprese di Famiglia Aidaf-Unicredit-Bocconi) ha rappresentato infatti una conferma autorevole di questo fenomeno, rilevante per numeri e per casi, di riassetto delle proprietà delle imprese familiari, tramite acquisto di partecipazioni da parte della stessa società. Deve essere ricordato che il rapporto del gennaio ‘23 ha riferimento esclusivo alle imprese familiari che raggiungono un fatturato superiore ai 20 milioni di euro, imprese che rappresentano il 65% di tutte le aziende italiane con analogo fatturato. Sappiamo peraltro che le imprese familiari in Italia, come in altri paesi europei (Germania, Francia, Spagna) sono percentualmente di più e raggiungono l’85% di tutte le imprese attive in ciascun paese. Ma anche il numero più limitato di aziende, oggetto di indagine da parte di Aub, conferma che, nel 2020-2021, oltre il 15% di esse ha proceduto all’acquisto di azioni proprie. Il numero di aziende esaminate è ulteriormente ristretto per il tipo di società prescelto: solo le Spa infatti possono procedere ad acquistare azioni proprie e non le Srl o le società di persone. Pur tuttavia, anche se il numero di aziende osservate è relativamente ridotto (circa 11 mila) resta significativo e dimostra che le operazioni sul proprio capitale per l’acquisto di azioni, finalizzato ad un riassetto societario, è raddoppiata rispetto al 2013. L’osservatorio Aub ci informa che il recesso del socio seguito da un acquisto di azioni proprie è più frequente nelle aziende a proprietà concentrata, di maggiori dimensioni, più longeve. È proprio quest’ultima caratteristica (la durata nel tempo) che dimostra l’efficacia dei procedimenti di riassetto della compagine societaria, mediante risoluzione dei rapporti con soci non più «allineati» e conseguente acquisto delle loro azioni. La tendenza osservata a livello di aziende che hanno forma societaria per azioni e che superano il fatturato di 20 milioni può essere confermata anche per le aziende con minor fatturato e con un diverso assetto societario. Cioè nel maggior numero di imprese italiane. Questo dimostra che il conflitto tra soci non deve perdersi in cause, ma deve trovare la sua soluzione più ragionevole ed efficace nell’accordo tra le parti, di quei soci di maggioranza che intendono proseguire l’attività, restituendo alla minoranza il proprio investimento ed evitando conflitti dispendiosi.

Lamberto Lambertini

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