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La necessità di informarsi di più e bene

Preso atto che la nostra Repubblica si regge sull’ipocrisia, forma elegante e articolata della bugia, andiamo ad esaminare come si è evoluta invece la bugia stessa. Un tempo, da piccoli, genitori e maestri ci insegnavano che le bugie non si devono dire, mentre i preti che le stesse erano peccati, sia pure veniali, da confessare. Le bugie erano allora solo un modo per nascondere la verità. Oggi, invece, nella società mediatica, le bugie si sono evolute e sono diventate la normalità nella comunicazione, non più peccati da confessare, bensì una tecnica subdola e raffinata, talvolta anche disonesta, di manipolazione dell’opinione pubblica. Chi ha qualche frequentazione, sia pure superficiale, con la psicologia della comunicazione, sa benissimo che una bugia ripetuta più volte e in tempi relativamente lunghi, diventa di fatto una verità, o almeno così viene percepita dalla gente. Il passaparola di una volta è diventato oggi un bombardamento mediatico di messaggi mediante i social network, talvolta ripresi e amplificati dai mezzi di comunicazione di massa tradizionali, che manipolano le coscienze anche mediante quelle che vengono definite «fake news», cioè notizie false, inducendo il popolo a credere ciecamente a tutto o al suo contrario, trasformando anche menzogne in verità. Programmi elettorali, informazioni sui vaccini di ogni genere, notizie sull’andamento dell’economia e quant’altro sono gli argomenti che più si prestano ad essere manipolati. Cosa possiamo fare noi cittadini per difenderci? C’è una sola cosa da fare: informarsi da più fonti e non credere ciecamente a chi pensa di avere la verità in tasca. Meglio essere dubbiosi che creduloni. Adriano Dal Bosco VERONA

Adriano Dal Bosco

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