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La mossa del cavallo

Perdonerà la «bonarma» di Andrea Camilleri se utilizzo il titolo di uno dei suoi mitici romanzi, «La mossa del cavallo», per commentare la scelta di Matteo Renzi di abbandonare il Pd. Il cavallo, come scriveva Karpov nel suo «Manuale di scacchi», è l’unico pezzo che può saltare tutti gli altri. Premetto che il personaggio Renzi non mi è mai stato particolarmente simpatico, dal punto di vista umano: troppa sicumera ed eccessiva disinvoltura nella scalata, prima ai vertici del partito e poi a quelli del governo del Paese. Devo tuttavia dargli atto di possedere una sua certa peculiare genialità nella scelta dei momenti nei quali egli decide di irrompere sulla scena politica, sconquassandola per poi ricomporne i pezzi del puzzle secondo le proprie prospettive. È il caso, ad esempio della recente scelta - peraltro abbondantemente preannunciata - di lasciare il partito di cui era stato segretario, per costituire una nuova formazione con gruppi parlamentari propri, all’indomani della fiducia accordata dal Parlamento al governo Conte 2, del quale egli stesso si era fatto mallevadore all’interno del suo ex partito, e nel quale siedono ministri che a lui fanno dichiaratamente riferimento. Mossa che apparentemente ha spiazzato molti, a cominciare dal fratello meno fotogenico del commissario di Vigata, il quale però forse è meno ingenuo di quanto lo stesso desideri apparire! In realtà, a mio modestissimo avviso, tale scelta, in realtà, potrebbe paradossalmente rafforzare la maggioranza che sostiene il Governo: 1) perché Renzi si è accaparrato la golden share sull’esecutivo, di cui anche suoi amici fanno parte; 2) inoltre ciò potrebbe rappresentare una garanzia di durata per il governo, perché anche Renzi ha bisogno di tempo per consolidare la vita della propria nuova creatura e dimostrarne l’affidabilità; 3) questo gli permetterebbe poi di esercitare un controllo diretto dall’interno del Governo, sull’operato del medesimo, al fine di far passare alcune sue proposte ed evitare che altri partner di maggioranza possano abrogare o modificare in modo a lui non gradito provvedimenti legislativi approvati dal governo da lui precedentemente presieduto; 4) la collocazione autonoma all’interno della maggioranza gli potrebbe consentire, se saprà essere attrattivo, di fare scouting nell’area delle formazioni moderate e liberal-democratiche di centro, centro-sinistra e di centro-destra, all’interno delle quali molti deputati e senatori, incerti sulle prospettive delle loro forze politiche di appartenenza, potrebbero essere pronti a trasmigrare Nencini, Lorenzin e Conzatti); 5) la nuova posizione, infine, gli consentirebbe di poter contrastare autonomamente le ali più estreme dell’opposizione di destra (Lega e Fratelli d’Italia) evitando nel contempo la tentazione di eventuali ritorni di fiamma verso tali formazioni da parte di alcuni settori di forze governative. In un’epoca - diciamo così - post ideologica, la nuova creatura renziana, se il senatore di Rignano dimostrerà di averne la capacità, potrebbe rappresentare l’approdo moderato centrista per quella parte di elettorato che non si riconosce nei partiti di centro-sinistra ma nemmeno nelle forze sovraniste ed antieuropeiste della destra. Staremo a vedere, se son rose... Giorgio Malagoli ISOLA DELLA SCALA

Giorgio Malagoli

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