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La maternità messa in commercio

Si sta parlando da giorni di una pratica che viene presentata come un elemento di progresso, ma che di fatto reintroduce la schiavitù nella nostra società: il cosiddetto «utero in affitto», nel gergo politicamente corretto detto anche «maternità surrogata» o «gestazione per altri», quasi che il cambiamento del lessico comportasse anche la modifica della realtà. Se non bastasse il falso ideologico che porta a ritenere veritiere le affermazioni come «figlio di due papà» o «bambino con due mamme» e sebbene bastasse un minimo di buon senso nel condannare tale pratica, si potrebbe ricordare la presa di posizione sulla tematica dell’Unione delle Femministe Europee (ovviamente le italiane non sono pervenute) alla Conferenza dell’Aia del febbraio 2015. Tra le tante affermazioni e studi scientifici riportati, si può infatti leggere: «La surrogazione è una pratica di sfruttamento che aliena sia la madre, sia il bambino che ha portato in grembo e messo al mondo. La madre surrogata non solo mette l’utero, ma anche il suo intero corpo insieme alla mente, per ‘produrre’ un bambino a cui si intende che lei debba rinunciare alla nascita», e ancora «è curioso assistere da un lato alla crescita di numerosa letteratura piena di incoraggiamento da parte di pubbliche autorità e volta ad avvalorare il legame madre-bambino prima del parto, e dall’altro – e in totale contraddizione – allo sviluppo di un discorso che, per sostenere la maternità surrogata, sostiene che questi legami sono insignificanti e possono essere negati senza causare danni». Aggiungiamo anche che in campo giuridico la pratica dell’utero in affitto è infatti in palese contrasto con la Convenzione sulle adozioni internazionali, con la Convenzione delle Nazioni Unite sulla schiavitù e con la Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo. È triste constatare come si sia riusciti a commercializzare tutto, persino la maternità. Invece di stare con le donne le si paga per trasformarle in macchine e violare il loro essere madri con l’atto violento di strappare il neonato, ma deve essere così interessante e altamente formativo sdoganare l’idea contraria che c’è chi a sinistra ne fa una campagna di «diritto». E magari poi si definiscono pure «cattolici», rigorosamente tra virgolette. Giovanni Loffa VERONA

Giovanni Loffa

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