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Impossibile spedire in fretta una lettera

Forse è ormai una banalità, come «la fine delle mezze stagioni» o i banchetti di Santa Lussia, ma alcuni, tra i quali il sottoscritto, non si sono rassegnati al fatto che è «letteralmente» diventato impossibile spedire e (sperare di fa recapitare), una missiva... una come quelle di sempre, carta, penna, busta, francobollo. Così voglio raccontare cosa succede a chi ancora ha questa strana urgenza. I tabaccai di norma sono chiusi, anche quando sono aperti. Vendono di tutto, ma i più non hanno nemmeno francobolli. Quelli che conservano ancora qualcuno di questi strani affari adesivi non sanno nulla di diritti postali e al massimo dispongono solo di bolli di un unico taglio. Se cerchi di far recapitare una lettera in città in meno di 21 giorni (tempo intercorso per l’ultima recente spedizione che ho fatto) e saresti perfino disposto a pagare la bella cifra di 2.80 euro a francobollo (tipo A) come prescritto poi, pur di far recapitare le tue lettere entro l’anno; allora il tabaccaio va in tilt, non sa e non ce l’ha. E al cliente pretenzioso dice (più o meno gentilmente: «si spicci che devo vendere gratta e vinci, e vada in Posta» (lì sì che sei sicuro!). Insomma il servizio postale, gestito da Poste Italiane, società al 64% di proprietà pubblica come tutti sanno, fa piangere, è un’odissea, un’istigazione all’autolesionismo. È un insulto alle tradizioni, al simbolo di efficienza e serietà che le Poste dovrebbero rappresentare per un paese civile. E uno pensa che un servizio così disastroso sia un’esclusiva per i nostalgici delle epistole in bella calligrafia; provate a spedire un pacco con il corriere di Poste Italiane... Siamo rassegnati, e non ci scandalizziamo anche se un sussulto di dignità del Governo e di chi amministra Poste Italiane potrebbe aiutarci a provare meno fastidio. Sergio Noto VERONA

Sergio Noto

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