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Il problema del tedesco è complesso

Leggo sull’edizione di mercoledì 22 marzo che un cortese lettore lamenta lapidariamente che in quel di Bolzano «un ragazzo non passa alle medie perché non sa il tedesco». In realtà, pare che non sia proprio andata così, ma che, come riportato anche dalla stampa italofona (vedasi l’edizione de Alto Adige del 20 marzo u.s.), le autorità scolastiche abbiano sconsigliato (non vietato, sarebbe giuridicamente impossibile) l’accesso ad una scuola media di lingua tedesca ad un ragazzo che aveva frequentato una scuola elementare di esclusiva lingua italiana ed appartenente ad una famiglia nella quale nessuno parla tedesco. Ovvio dedurre che il giovane abbia dunque una capacità nulla o quasi di frequentare con profitto un corso di studi in una lingua che non padroneggia adeguatamente o addirittura non conosce affatto. Il caso in questione non è isolato, in quanto nella Provincia autonoma di Bolzano sono molte le famiglie di madrelingua italiana e di origini straniere che cercano di colmare il divario linguistico con il tedesco (i dati dell’ultimo censimento affermano che in quella Provincia solamente 1 abitante su 4 parla italiano ed in alcuni centri minori il 100% dichiara di essere di madrelingua tedesca) iscrivendo i figli in scuole di lingua tedesca. Ciò ovviamente comporta una serie di prevedibili problemi, in considerazione del differente livello di apprendimento conseguente all’uso di una lingua che per alcuni è quella madre e per altri è la seconda od addirittura straniera. Tale criticità è stata recentemente portata in evidenza dall’assessore alla cultura di Bolzano Johanna Ramoser, la quale ha rilevato un eccessivo numero di bambini italiani e stranieri che vengono iscritti in scuole di madrelingua tedesca, tanto che, secondo il direttore della Direzione provinciale scolastica Sigrun Falkensteiner «non tutti i genitori sono consapevoli delle difficoltà che può incontrare un bambino italiano o straniero, che non parli una parola di tedesco, a vedersi catapultato in una scuola dove l’insegnamento avviene in una lingua a lui sconosciuta». Come evidenziato, la questione è assai più complessa di quanto possa apparire se esaminata attraverso le lenti di un distorto senso di nazionalistica contrapposizione. Stefano De Grandi VERONA

Stefano De Grandi

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