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Il dibattito sul nome dei ministeri

Nel dibattito politico ha destato scalpore il fatto che il nuovo Governo appena insediato preveda al suo interno nuovi Ministeri o competenze ad esempio l’ambito culturale, la famiglia o la natalità e il merito. È stato detto con citazione propria del diritto Giustinianeo: «I nomi sono conseguenze delle cose», cioè i nomi o i soggetti, e mi permetterei di dire i termini utilizzati, sono conseguenza delle cose da fare. È vero che non c’è un merito di destra o di sinistra cioè non ha radici ideologiche ma quanto proposto sopra è di per se una novità. Infatti per molto tempo il cosiddetto fronte progressista accusava quello opposto che il merito per quest’ultimo si identificasse nel lavoro, negli affari, nel capitale. Mentre sempre il primo ascriveva a sé il merito di annoverare la cosiddetta «intellighenzia» o la cultura nelle arti, nella letteratura, nel pensiero in genere. Quindi in certo modo rivendicava una egemonia culturale quella che nel tempo è stato definito «pensiero unico» o dominante. Mentre la parte avversa, portatrice dei cosiddetti valori tradizionali, che per riassumere in uno slogan direi Dio, Patria e Famiglia, veniva messa nell’oblio per non dire ghettizzata. Questa linea di pensiero a onor del vero è stata per molto tempo accomunata ai regimi autocratici o ai regimi, soprattutto del secolo scorso cioè a una cultura, un modo di concepire i rapporti tra gli individui e i sessi e anche la gestione del dissenso. È stata chiamata in una parola «nazionalizzazione delle masse» per cui tali regimi, per semplificare di destra, si presentavano per i pensatori cosiddetti progressisti o democratici non come una «realtà di regime» che può ripetersi ma come «una macchina politica ancora in grado di generare opinioni, convinzioni e comportamenti». Per cui per alcuni i passati regimi non sarebbero morti nel 1945 ma sopravviverebbero come «luogo culturale». Per ritornare al merito e alla meritocrazia, parola d’ordine per l’Esecutivo appena insediato, si attende per la sua realizzazione il passaggio dei primi cento giorni. Come detto sopra il termine meritocrazia è stato usato da entrambe le parti politiche ascrivendo a sé particolari meriti. A mio avviso basterebbe parlare di competenze in politica e in generale per non ricadere nel male italico di affidarsi nei casi estremi e nei momenti difficili di crisi ai cosiddetti «tecnici» o «migliori»! Alessandro Avanzini VERONA

Alessandro Avanzini

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