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Fare come negli anni del dopoguerra

L’Unesco ha da tempo sancito che le «Bellezze» di una nazione, o di una città, o anche di una piccola porzione di un territorio, possono essere caratterizzate non solo dalla presenza di importanti e preziose realtà architettoniche o paesaggistiche, ma anche dai così detti «Beni immateriali», comprendendo in questa definizione tutte quelle raffigurazioni di bellezza astratte, prive di una forma definita e stabile, e che esistono solo nel momento in cui si manifestano. Esempi tipici del ricco patrimonio di Beni immateriali italiani sono ad esempio la «Capacità operativa dei liutai cremonesi», piuttosto che la «Coltivazione della vite ad alberello nell’isola di Pantelleria» o la ormai pressoché scomparsa «Transumanza annuale degli armenti» dai monti del Molise alla Puglia attraverso antichi tratturi. Sono in totale ben quindici i Beni immateriali italiani e penso che Verona, già consacrata di diritto tra le più prestigiose città d’arte italiane, potrebbe entrare a pieno titolo anche nell’albo d’oro dei Beni immateriali dell'Unesco presentando la sua vasta area urbana antica a cavallo dell’Adige, e cioè il centro storico e Veronetta, come esempio di un «Razionale utilizzo di una realtà urbana sorta nell’arco di duemila anni, come moderno centro operativo e pulsante di una moderna città». Città che, tra residenti, operatori e turisti, conta giornalmente presenze da grande centro europeo. Ma per aspirare a questo ambito traguardo non è sufficiente una efficace presentazione delle moltissime vestigia del passato, cosa che per altro vien già fatta con risultati più che buoni. Occorre riscrivere il «modus operandi» di coloro che dovrebbero realizzare questa rivoluzione. Mi raccontano che qualche cosa di simile avvenne nel dopoguerra, quando una città violata da pesantissimi bombardamenti, senza un ponte che collegasse le due sponde dell’Adige, seppe, sotto la guida di valenti amministratori, ricostruire il tessuto urbano e lo spirito dei suoi cittadini. Oggi si tratterebbe non di ricostruire materialmente i ponti e le case distrutte, ma di ridar fiducia e orgoglio a cittadini, spesso disamorati, attraverso una efficace e radicale riorganizzazione dei servizi e alla riscrittura dei diritti e dei doveri che tutti dovrebbero rispettare. Non potendo far altro per ora i cittadini si limitano ad inviare una letterina a L’Arena, sperando che oltre all’amico o al vicino di casa la leggano anche gli amministratori cittadini per i quali ha dato fiducia attraverso il voto. Giuseppe Perotti VERONA

Giuseppe Perotti

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