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Come limitare la diminuzione dei residenti

Negli anni ’70, il disagio di dover prendere l’auto per accompagnare i figli a scuola, ha dissuaso molti di noi dall’abitare in campagna: e così ci siamo presi un appartamento in città, dove si poteva trovare tutto senza problemi. Negli anni ’80, con i figli già in età da Liceo e Università ci siamo spostati in periferia dove si poteva trovare un po’ di verde, e di spazio per lasciare l’auto in strada; sarebbe poi stato comodo portarsi in Centro per andare al lavoro lasciando anche lì l’auto davanti alla porta dell’ufficio o al massimo a cinquanta metri. Poi, negli anni ’90, cresciute a dismisura le difficoltà di parcheggiare in Centro, ci siamo decisi a rientrare avvicinando la casa al luogo di lavoro in modo da poter andare a piedi o in bicicletta. E ancora siamo lì, in città, dove il poco verde, il traffico e la difficoltà di parcheggiare sono compensate, in certe occasioni, dalla concitazione delle strade e delle piazze, ma anche dalla loro bellezza, quando sono libere dai ricorrenti mercatini, corse podistiche, ecc. In tutto questo andirivieni, a farne le spese sono state le classi più deboli che, non so se per loro fortuna o per limiti economici, l’ultimo trasloco, quello dalla periferia al Centro, non l’hanno potuto fare per non dover sacrificare all’affitto metà o quasi della busta paga. E così il centro città da anni sta perdendo buona parte dei suoi abitanti. Non c’è bisogno di un Nobel dell’economia per avvisarci che il calo della densità abitativa è causa di gravi scompensi economici e sociali: ed io aggiungerei, urbanistici. Non è un caso se nelle principali città d’arte italiane, via via che sale il turismo di massa, da una parte calano gli abitanti del Centro, dall’altra cresce il numero delle attività commerciali poco qualificate. E, poichè il fenomeno è alimentato da una politica turistica culturale che privilegia le manifestazioni di massa, è su questa che bisogna agire. Luciano Cenna VERONA

Luciano Cenna

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