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Coinvolgere i figli nell’attività della famiglia

«Se non sappiamo da dove veniamo, non sapremo mai dove andare». Mi piace rifarmi a questa citazione un po’ inflazionata ma dal contenuto sempre attuale. In alternativa potrei immedesimarmi nel personaggio uscito dalla penna di Silvino Gonzato, il filosofo, psicologo e sociologo Strusa, che rappresenta i veronesi che incontriamo nei bar o, come si diceva, nelle «ostarie». Con l’età i ricordi vanno alla mia infanzia e dalle nebbie del passato escono figure che dovrebbero essere sbiadite invece sono diventate più nitide. I mendicanti arrivavano spesso la sera, per poi dormire in stalla e al mattino presto, quando venivano i mandriani, bevevano «un misurin de late» e se ne andavano. Apparivano con barbe lunghe e incolte, avviluppati in «tabar con le tope» con cappelli di fustagno a larghe tese e scarponi «scalcagnè». Noi bambini eravamo addetti a portargli da mangiare. Probabilmente la figura degli innocenti doveva rappresentare la bontà della buona azione, o forse l’intenzione era quella di insegnare o codificare nelle coscienze la carità e ad aiutare i bisognosi. La cena che portavamo in un pentolino smaltato, rosso fuori e grigio dentro, di solito era composta da una salamella cotta nello strutto, ricoperta con un cucchiaio di conserva di pomodoro e accompagnata da due fette di polenta. Un piatto così colorato e profumato faceva luccicare gli occhi in quei visi raggrinziti dalle vicissitudini e dalle intemperie, però sono sicuro che era la fame la sensazione predominante. Mi farebbe piacere che anche i genitori di oggi capissero che bisogna coinvolgere i figli nelle problematiche della famiglia e sociali e non demandare a psicologi o insegnanti a volte troppo giovani o poco calati in realtà ed esperienze vitali. Soprattutto dovrebbero essere loro stessi a capire le tendenze, le capacità, le attitudini e il carattere dei propri figli e indirizzarli ad intraprendere le attività più consone. Sono convinto che tuttora la formazione più importante avvenga o debba avvenire nell’ambito familiare. Inoltre, rifacendomi ad una spiegazione etologica, direi che sono venuti a mancare molti dei comportamenti trasmessi geneticamente. Per esempio, gli animali non uccidono se non è compromessa la loro sopravvivenza, mentre noi lo facciamo per i più svariati motivi, soprattutto economici. Ogni riferimento ad avvenimenti attuali è puramente casuale! Gianni Artegiani VILLAFRANCA

Gianni Artegiani

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