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C’è un «corvo» che non vuole tornare alla vita

Dopo un anno e mezzo di baratro sanitario ed economico, la pandemia sta per essere sconfitta definitivamente con buona pace e felicità di tutti. A livello locale, il reparto di terapia intensiva di Borgo Trento è stato smantellato e questo è il segnale della svolta. Immagino che da un lato il virus si sia indebolito ma credo sia stata determinante la campagna vaccinale gestita ottimamente dal gen. Figliuolo. A tal proposito mi chiedo perché non se ne sia occupato fin dall’inizio, evitandoci un Arcuri imbarazzante. Tornando alla svolta epocale che sta segnando l’inizio della rinascita, attesa con impazienza da tutti, c’è sempre il «corvo» di turno che svolazza sulle nostre teste veronesi, evidentemente nostalgico dei tempi bui. Non si rassegna al miglioramento, non gioisce rivedendo la gente uscire di casa, è quasi contrariato nel vedere gli esercenti aprire le loro attività. Giusto per trasmettere «ottimismo», prevede una terza e magari una quarta ondata, una recrudescenza delle infezioni, una debacle inevitabile. Penso che anche il «corvo» sia ahimè uno degli effetti nefasti che ci ha regalato questo periodo tragico. Dovremmo curarlo con una serie di sedute psichiatriche, a cura della collettività, per recuperarlo e fargli ritornare magari un pizzico di buon senso che forse aveva precedentemente. Dulcis in fundo sarebbe bello festeggiare tutti insieme con un bell’aperitivo in Piazza Erbe, una cena in un bel ristorante per concludere con un salto in discoteca. Lo convinceremmo che tornare alla vita in salute è davvero la cosa più bella del mondo. Giulio Cavara VERONA

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